FONTE: www.vativision.com – va all’articolo
Si apre questa sera a Verona il Festival della Dottrina Sociale (24-27 novembre 2022 – Verona Fiere) di cui Vativision è media partner. Abbiamo intervistato mons. Nunzio Galantino, presidente dell’ Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica e presidente della Fondazione per la sanità cattolica. Galantino interverrà in uno dei panel della manifestazione.
L’INTERVISTA A MONSIGNOR GALANTINO
Monsignor Galantino, viviamo in un mondo di guerra. A duemila chilometri da noi c’e un uomo che uccide un altro uomo. Che importanza ha investire sui valori e sull’ “incontro”, che è uno dei temi del Festival della Dottrina Sociale?
Lei parte giustamente da una constatazione: siamo in un mondo di guerra e ha fatto riferimento al conflitto in Ucraina. Io, personalmente, allargherei lo sguardo e mi riferirei non solo alle conclamate e terribili guerre di cui abbiamo notizia. Il problema è che esiste un clima bellicoso che sta caratterizzando la vita individuale e quella delle relazioni, a qualsiasi livello. L’espressione più patologica, più malata, a mio parere, in questo clima di guerra di cui lei ha parlato, è rappresentato dal modo in cui anche in tv e sui media viene affrontato qualsiasi tema.
A cosa stiamo assistendo?
C’è un clima bellicoso; è difficile, quindi, trovare un clima di incontro. Stiamo assistendo, piuttosto, ad un clima da curve da stadio e alla spettacolarizzazione proprio dello scontro della guerra. E’ una strada che non porta evidentemente da nessuna parte.
Come si può procedere, allora?
L’incontro è possibile solo quando si ha voglia di conoscersi; si cerca di conoscere l’altro quando ci si guarda negli occhi prendendo atto dei suoi limiti, ma anche dei suoi bisogni. E bisogna anche prendere atto delle ricchezze che porta con se l’altro: questo è l’incontro. E coltivare la passione per l’incontro significa coltivare la passione per la vera capacità di se, degli altri e dei vari ambiti nei quali siamo coinvolti. Compreso il mondo dell’economia e della finanza.
L’INCONTRO TEMA DEL FESTIVAL DELLA DOTTRINA SOCIALE
Che cosa serve per “incontrarsi”?
L’incontro come ogni conquista esige evidentemente un impegno, ma consegna anche dei frutti. Ecco perché l’ investimento sull’ “incontro” deve essere una priorità oggi, sconfiggendo questo stile “curvaiolo” nel quale siamo collocati. Di fatto, si tratta di un clima di guerra.
Sostanzialmente lei ha accennato anche a una guerra interiore che l’uomo sta combattendo contro se stesso. Come può riuscire ad arrivare alla “pace”?
Io penso che finché noi non saremo più capaci di concederci qualche pausa, un po’ di tempo per riflettere, un po’ di tempo per incontrare prima di tutto noi stessi, sarà molto complicato. Bisogna incontrare qualche ideale che siamo riusciti un po’ a coltivare, ad amare, ad avere come obiettivo. Finché saremo soltanto spettatori di tutto quello che avviene intorno a noi, la nostra interiorità diventerà come una specie di immondezzaio. Non sarà più quel giardino interiore, ma, senza romanticismo evidentemente, sarà, appunto, un immondezzaio. Chiunque, poi, potrà gettarci dentro quello che vuole e noi non riusciremo nemmeno più a far pulizia lì dentro; figurarsi, poi, se si tratta di progettare qualche cosa, di decidere quali piante coltivare perché possano essere espressione della nostra identità.
LA PAROLA AI GIOVANI
Che cosa si sentirebbe di dire ad un giovane che segue il Festival della Dottrina Sociale?
Innanzitutto ringrazierei questo giovane e gli manifesterei il mio grande apprezzamento rispetto a quello che ho detto prima, cioè per avere scelto di fermarsi. Fermarsi per ascoltare e fermarsi per far conoscere, se possibile, il suo pensiero. Poi gli direi di avere coraggio, il coraggio di esprimere il suo dissenso se vede o sente noi adulti continuare a fare i diaconi compiaciuti della retorica o i diaconi compiaciuti dei luoghi comuni e del politicamente corretto. Poi, in positivo, io gli chiederei di spingere soprattutto gli adulti, cioè i “padroni del vapore”, a osare di più sulla costruzione di un mondo che eserciti un di più di fiducia reciproca e si impegni a promuovere relazioni vere e leali e incontri veri e leali.
Un bel impegno?
Si. Chiederei a questo giovane di contagiarci con un po’ più di sana intraprendenza, io direi quasi al limite dell’incoscienza, per contribuire a disegnare un mondo nel quale possa esserci spazio soprattutto, per quelli che non ce la fanno da soli. O per quelli che trovano sulla loro strada impedimenti insuperabili. Tra questi ci possono essere anche i giovani che, per esempio, seguono il Festival.