Abitare le parole / Libertà – Rubrica de “Il Sole 24ore” – Cultura
«Quando l’uomo non ama la propria libertà più di ogni altra cosa al mondo, nulla egli detesta di più» (Mounier). Tutte le volte che si isola la libertà dalla struttura totale della persona la si condanna a equivoci o a qualche aberrazione. Il primo degli equivoci che più facilmente si consumano in una società come la nostra è quello di ritenere la libertà come una specie di cromosoma fornitoci dalla natura e che non ha bisogno di essere coltivato. Ne consegue che venga data per scontata, per sé e per gli altri, la capacità innata di esercitare la propria libertà. Altro equivoco è quello che confina la libertà nell’orizzonte dei diritti, se non proprio delle rivendicazioni da far valere nei confronti degli usurpatori di turno, riducendo così qualsiasi discorso sulla libertà a discorsi sugli spazi di autonomia da rivendicare. Per certi versi, questo equivoco affonda le sue radici in una concezione riduzionistica della libertà, che la considera come assenza di vincoli esterni. Il primo passo da fare per superare gli equivoci che si consumano intorno alla libertà è quello di coglierne il senso all’interno del carattere dinamico della persona, intesa come essere incarnato e come essere-in- relazione. In questa prospettiva la libertà si configura come possibilità/impegno, per l’uomo, ad essere se stesso con gli altri e mai a spese degli altri. Una possibilità/impegno che può trovare impedimenti e/o facilitazioni interne ed esterne all’uomo stesso. Bisogna, per questo, familiarizzare con una distinzione, divenuta ormai classica, tra libertà da e libertà per. Un distinguere che non va inteso in termini alternativi; nel senso che la libertà dell’uomo non può essere ridotta né all’assenza di impedimenti esterni, né a semplice possibilità di scegliere. La convinzione della libertà come assenza di impedimenti esterni mostra tutti i suoi limiti quando si concepisce la persona come essere incarnato; d’altra parte, si ridurrebbe a una beffa la libertà che si identificasse unicamente con la possibilità di scegliere, se la scelta dovesse porsi solo tra realtà negative: ad esempio, tra il morire impiccato o il finire su una sedia elettrica. Queste essenziali considerazioni ci permettono di vedere la storia come storia della libertà dell’uomo; e questi visto come essere-in- relazione sottratto cioè alla mortificante ciclicità degli eventi, legata al destino, al fato o ad avvenimenti che in realtà sono accadimenti; una ciclicità legata insomma a qualcosa che accade per forza di cose e nella quale non c’è nessuno spazio per l’esercizio della libertà personale. (testo completo)