Rubrica de “Il Sole 24ore” Abitare le parole / Tenerezza – «Con tutto l’oro del mondo non si può comprare il battito del cuore, né un lampo di tenerezza» (A. de Lamartine). Dal latino Tèn-uem (da cui anche “tenue”), la tenerezza indica la proprietà di qualcosa che si lascia stendere, che non pone resistenza alla pressione e, in genere, al taglio. Insomma, “tenue” è ciò che è “malleabile”, come qualcosa che si adagi morbidamente e, a sua volta, ammorbidisca. Se sostituiamo il “qualcosa” con “qualcuno”, allora la tenerezza esprime il senso di partecipazione affettuosa, dolce e profonda, che si prova nei riguardi di altra persona o di una situazione per amore, affetto, com-passione. La tenerezza e la misericordia in ebraico vengono rese con lo stesso termine rachamim, ad intendere un sentimento prettamente materno, carico di sensibilità verso gli altri, soprattutto se “scartati”. In maniera riduttivistica, si è portati a pensare che la tenerezza sia solo delle donne e solo diretta ai più deboli. Papa Francesco, al contrario, ci ricorda che la tenerezza, proprio perché di tutti, è combattiva, è la virtù dei forti, dei… duri. «La tenerezza è passione tranquilla» (J. Joubert), non è solo un sentimento.
Proprio perché induriti dalle esperienze della vita e dalle difficoltà del vivere il quotidiano, gli uomini e le donne del nostro tempo fanno fatica a vivere la tenerezza negli ambienti di lavoro, nei condomini, nelle strade, nelle famiglie. Eppure: «sotto un cielo di ferro e di gesso l’uomo riesce ad amare lo stesso e ama davvero, senza nessuna certezza: che commozione, che tenerezza» (L. Dalla, Balla balla ballerino). Purtroppo, per alcuni la durezza nelle relazioni sembra essere l’unica strategia per la sopravvivenza. Forse è vero! Ma solo se si vuole, appunto, “sopravvivere”. Se invece si vuole “vivere”, bisogna esercitarsi a trasformare la durezza quasi innata in tenerezza, il sospetto in fiducia, la concorrenza in sana complicità. Esercizio difficile e possibile solo se si è disposti ad ascoltare il cuore e a coltivare emozioni. Ascoltare il cuore e coltivare emozioni trasforma il viso duro in viso che teneramente si muove, sorride e piange. Esercizio di tenerezza è anche il movimento di una mano che accarezza un’altra mano o un altro viso; il movimento che porta a fare il primo passo per favorire un incontro “compromesso”; il movimento del corpo che cerca il contatto con un altro corpo per proteggerlo, per amarlo; è il battito del cuore che cerca di andare “a tempo” con il cuore dell’altro . Senza alcuna pretesa, perché «La tenerezza è la forza di un amore umile» (F. Dostoevskij). Ciò che si impara esercitandosi a essere “teneri” non si dimentica; è come imparare a nuotare. Tanto da far dire a Pablo Neruda: «E saprò accarezzare i nuovi fiori, perché tu m’insegnasti la tenerezza».