Siamo ormai giunti a metà del cammino quaresimale. Anche oggi la liturgia della Parola ci invita ad avanzare nella conoscenza di Dio e nel percorso di conversione personale e comunitario.
A cominciare dalla prima lettura che, attraverso il dialogo tra Mosè e il Signore sull’Oreb, ci rivela il “nome” di Dio, cioè chi Egli è e come agisce nella storia. In verità, è Dio stesso che, sollecitato da Mosè, si presenta così: “io sono colui che sono”, cioè “io sono colui che agisce”. E in quale direzione agisce Dio? È la stessa pagina dell’Esodo a spiegarcelo: “Ho osservato la miseria del mio popolo … ho udito il suo grido …conosco le sue sofferenza … sono sceso per liberarlo … per farlo salire verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorre latte e miele”. Ecco il nostro Dio, ecco il Dio di Gesù Cristo! Un Dio a cui sta a cuore la sorte del suo popolo, la sorte di ognuno di noi. Un Dio che “conosce” le nostre pene, se ne fa carico ed agisce concretamente per la nostra salvezza. Ma nel fare questo, chiede sempre il nostro consenso e la nostra partecipazione.
Proprio questo sembrano non comprendere gli interlocutori di Gesù, nel Vangelo odierno. Gesù prova a spiegare loro come, nel rapporto tra il credente e Dio, non ci sia spazio per fatalismi paralizzanti, né per paure apocalittiche: non è da cristiani vivere pensando che noi non abbiamo alcun ruolo in quello che avviene attorno a noi (a tutti i livelli!); non è da cristiani pensare di dover vivere da “brave persone” solo per paura che il Signore ce la faccia pagare, in un modo o nell’altro!
A una simile mentalità Gesù risponde con fermezza: “No, io vi dico!”. No! Il Dio che vi rivelo non è il Dio che mette paura, ma un Padre che fa di tutto per condurti “verso una terra bella e spaziosa, dove scorrono latte e miele”. Anche noi, forse, come gli interlocutori di Gesù, potremmo obiettare: “E il sangue che Pilato ha mescolato con quello dei sacrifici? E la torre che cade e provoca vittime? … e i terremoti, le alluvioni, i disastri naturali? … e la malattia devastante di quella persona cara? … e la prova che sta vivendo la mia famiglia?”. Ma Gesù, anziché soffermarsi sulle cause, indica invece come bisogna vivere questi eventi! Certamente, non scaricandone la responsabilità su Dio, né sugli altri! Quei fatti ci appartengono, ci interpellano! Servono per farci capire cosa noi possiamo e dobbiamo dare. Si tratta, in fondo, di imparare a stare nella storia come mistici, come contemplativi, capaci di leggere gli eventi con gli occhi di Dio e di saperli cogliere come opportunità di crescita e conversione. Il nostro impegno quaresimale, dunque, passa anche da qui, dal non tirarci fuori dalle nostre responsabilità dinanzi ai volti “deturpati” e alle storie “ferite” che incontriamo sul cammino.
» III domenica di Quaresima, 28 febbraio 2016