La solennità odierna ha origine e trova il suo significato più profondo nel racconto dell’Ultima Cena. La sera del Giovedì Santo, al drammatico tradimento di Giuda, Gesù risponde con un gesto di donazione totale di sé! Non dona solo il suo affetto e la sua vicinanza, ma dona tutto se stesso! “Questo è il mio corpo … questo è il mio sangue – Prendete … mangiate … bevete! – Fate questo in memoria di me!”. É in queste parole di Gesù, dunque, che trova senso e fondamento l’Eucaristia.
Ma come attualizzare questa festa? Che significato ha ritrovarci ancora oggi ad adorare e condividere quei “segni” – il pane e il vino – della vita quotidiana, che Gesù ha voluto legare alla sua presenza? Anzitutto ricordando che Egli, attraverso il pane spezzato e il vino condiviso, ha istituito la “nuova alleanza”, cioè il nuovo patto di comunione con Lui e tra noi, un mistero che si rinnova ogni volta che celebriamo l’Eucarestia.
Ma c’è un passo in più da compiere. Operando quei gesti e pronunciando quelle parole, Gesù ci ha anche indicato una “direzione” chiara del fare comunione. Nell’Eucarestia, infatti, siamo invitati ad adorare e contemplare la presenza di Gesù pane spezzato, pane donato, che è condanna di ogni atteggiamento egoistico, che è condanna della cultura del dare in funzione del ricevere, della logica del contraccambio. L’Eucaristia è il Sacramento del cuore aperto, è educazione al dono gratuito e senza riserve.
In questa cornice si colloca il brano del Vangelo odierno, da sempre letto in chiave eucaristica. Il dialogo tra Gesù e i suoi discepoli, dinanzi alla fame della folla, invita anche noi a “farci Eucaristia”, cioè a rendere grazie, diventando dono per gli altri: “Voi stessi date da mangiare”.
E’ il ribaltamento della logica dei discepoli, la logica di chi vede il bisogno, cogliendolo in tutto il suo realismo, ma non si sente impegnato a rispondervi in prima persona (“Congeda la folla perché vada …”). Per i discepoli, probabilmente Gesù ha già fatto la sua parte, nutrendo l’anima degli ascoltatori con la sua parola. Ma il Signore non la pensa così. “Date voi stessi da mangiare”. Una pretesa che spiazza, che può risultare eccessiva, quasi irragionevole. Quasi un dire: nel farvi dono, osate di più, non vi fermate, andate oltre i calcoli della ragione, imparate a seguire di più il cuore. La giusta misura del donarsi di Gesù, dunque, è “la fame della folla”, il bisogno altrui. Nessun timore: la povertà dei mezzi a nostra disposizione (“Non abbiamo che cinque pani e due pesci”) sarà supplita dall’azione di Dio.
Col risultato che “tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste”. Ecco il miracolo dell’Eucarestia, un miracolo che anche oggi siamo chiamati a rinnovare attraverso il dono di noi stessi, in comunione con Gesù.