Alla scuola del vangelo di Giovanni, continuiamo a meditare su Gesù “Pane del cielo”, che ci nutre per la vita eterna. Un “pane donato” in risposta alla fame degli uomini quando, stremati e senza forze, sembrano soccombere alle tante sconfitte, paure e debolezze della vita.
Proprio come accade ad Elia, il più grande dei profeti, tanto che Gesù stesso gli fu paragonato. Eppure anche lui sperimenta stanchezza e scoraggiamento, al punto tale da invocare la morte: “Ora basta, Signore! Prendi la mia vita…”. Proprio come accade a ciascuno di noi, quando scoraggiamento e stanchezza ci fanno dire: “Non ce la faccio più, non serve a niente essere buoni, non cambia nulla, non vale la pena vivere il Vangelo!”. Ma proprio il raggiungimento di questo limite diventa anche il “luogo” in cui il Signore si rende presente. Come accade ad Elia, cui Dio manda due segni della sua presenza: un angelo e, attraverso le sue mani, un po’ di pane e un sorso d’acqua. Poca cosa davvero quel po’ di pane e quel sorso d’acqua! Ma sufficienti a rimettere in cammino il profeta, permettendogli di tornare al suo posto e continuare a servire il popolo come inviato di Dio.
In modo simile, Gesù dona ai suoi un “po’ di pane” – l’Eucaristia -, accompagnandolo con affermazioni sorprendenti: “Io sono il pane della vita … Io sono il pane vivo … Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno”. Ed il Vangelo di oggi ci offre un’ulteriore possibilità per cogliere la ricchezza dell’Eucaristia, riscattandola dall’abitudine del “mangiare senza nutrirsi” e del “bere senza dissetarsi”. La Chiesa, infatti, vuole ricordarci che, quando accettiamo l’invito di Gesù – lasciando il nostro posto, accostandoci all’altare per cibarci di quel “poco pane” e fare comunione con Lui – avviene anche a noi quello che è accaduto al profeta Elia. E come il pane e l’acqua di Elia, così il pane eucaristico e il vino consacrato fanno trasparire lo stile di Dio. Egli interviene nella nostra storia con la forza delle cose quotidiane, con l’umiltà e la povertà delle cose essenziali: il pane, il vino, l’acqua, l’aria, la luce, un amico. Un “cibo semplice”, ma in grado di risvegliare tutte le energie creative dell’uomo, la sua dignità e la sua libertà. Perché quel “pane” è Gesù stesso che ci chiede di accoglierlo nella nostra vita, come compagno di strada. “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”.
Come rispondere a questo dono? “Fatevi imitatori di Dio”, ci dice San Paolo: non solo date il pane, ma diventate voi stessi pane. Proprio come Gesù, nutriti di Lui, per essere “l’angelo di Elia” per i fratelli, per portare loro sollievo nelle fatiche della vita, senza giudicare, senza moralismi, senza pretese… ma con sincero amore.
» XIX Domenica del Tempo Ordinario, 9 agosto 2015