Iª domenica di Avvento – anno B
Lo sentite? Questa domenica ha il profumo delle cose nuove: è ancora tempo di cominciamenti, che affascinano e sollecitano risposte di vita. Sì, l’Avvento giunge come grazia inaspettata, che ci sorprende là dove siamo. Lo stupore è allora maggiore perché forse la nostra situazione per molti versi è analoga a quella del popolo d’Israele; forse anche noi stiamo attraversando un momento difficile e buio, se non addirittura disperato, da cui non riusciamo a uscire con le sole risorse della nostra buona volontà. Per questo, forse, non è lontana nemmeno dalle labbra del nostro cuore l’invocazione che attraversa la prima lettura: “Se tu squarciassi i cieli e scendessi!” (Is. 63,17). Quel grido in qualcuno può perfino essere divenuto rassegnazione al silenzio di Dio, al suo cielo chiuso, fino a far sospettare che sia inutile sperare e attendere aiuto; fino a concludere che sia vano continuare a implorare: “Vieni; Signore Gesù”.
Da questo torpore la liturgia ci scuote, ricordandoci la nostra responsabilità: come ai servi di cui parla il Vangelo, il Signore ha affidato alla nostra libertà la sua casa e i suoi beni. Di qui i due verbi che scandiscono l’Avvento; due verbi che, per il cristiano, costituiscono un vero e proprio programma di vita: “Fate attenzione” e “Vegliate” (Mc 13,33).
La persona attenta è quella che, nel rumore del mondo, non si lascia travolgere dalla distrazione o dalla superficialità, ma vive in maniera piena e consapevole. Il “fate attenzione” rimanda, innanzitutto, agli altri: quante volte Papa Francesco raccomanda di saper contrastare la logica dell’indifferenza globalizzando la logica della solidarietà… Solo così ci si accorge veramente delle lacrime e delle speranze che avvolgono il nostro prossimo e non si fatica a coglierne anche capacità e ricchezze, evitando di svilire le relazioni in rapporti strumentali e interessati.
L’attenzione si posa poi sul mondo: si resta provati dal suo carico di barbarie, ma si gode anche del tesoro di bellezza che esprime e che domanda di essere custodito. Chi educa se stesso a questo sguardo non stenta a riconoscere la grandezza nascosta nelle piccole cose di ogni giorno, che accadono proprio lì dove il Signore ci ha posto…
Nell’appello a vegliare c’è l’invito pressante a non lasciarsi sopraffare dal sonno dello scoraggiamento, della mancanza di speranza, della disillusione; e, insieme, contiene la sollecitazione a non far nostre le tante fatuità di cui trabocca il mondo e dietro alle quali, a volte, sacrifichiamo tempo e serenità.
Prestare attenzione e vegliare: sono i presupposti per non continuare a “vagare lontano dalle vie del Signore” (Is. 63,16), smarriti nei nostri peccati; sono le condizioni per permettere al Signore di irrompere nella nostra esistenza e con la sua presenza restituirle significato e sapore.