L’attenzione alla figura del Battista ha conosciuto un crescendo straordinario nella vita della Chiesa: a partire da quella gioia che procurò la sua nascita nei «vicini e parenti» di cui parla Luca.
Vorrei legare qualche considerazione sulla vita del Battista – che possa aiutarci a vivere in maniera più consapevole la nostra esperienza di fede – al racconto di vocazione di Isaia (1a lettura), attribuito in questa celebrazione al Battista.
Viene fuori la figura del Battista come di un uomo
- che ha realisticamente coscienza dei limiti suoi e della sua azione: «Invano ho faticato, per nulla e invano ho consumato le mie forze»
- che vede la sua vita e la sua azione collocate nell’orizzonte della promessa e della chiamata del Signore: «Mio servo tu sei … mi ha nascosto all’ombra della sua mano»
- che sa ricondurre al Signore il suo impegno: «… ha reso la mia bocca come spada affilata …».
Insomma, mettendo insieme la forza straordinaria della prima lettura e quanto la prima comunità cristiana ci dice di Giovanni, possiamo dire di trovarci dinanzi a un uomo il cui nome – la cui storia, il cui progetto, la cui trama di relazioni – ha ancora tanto da dirci. Se non altro per l’invito a vivere la propria vita in maniera chiara e con una lealtà radicale.
Quanta fatica a trasferire nella vita di ogni giorno questa radicale lealtà!
Quanta fatica ad abbandonare le mezze misure!
Quanta fatica a prendere le distanze da una vita fatta di compromessi … Soprattutto quando si tratta di passare dalle parole ai fatti!
La radicale lealtà del Battista tocca prima di tutto lo stile umano di vivere.
Ma la sua coerenza, la sua voce, la sua testimonianza ci permettono il confronto con un certo cristianesimo sbiadito, scipito, infiacchito del quale siamo spesso spettatori e attori.
La sua coerenza, la sua voce, la sua testimonianza ci aiutano a liberare da sdolcinature inutili e a leggere in maniera più viva le virtù teologali che devono costituire la rete sulla quale poggia la nostra esistenza di credenti.
La fede è un fatto/evento, non una serie di chiacchiere. La speranza è un gesto di luce e un orizzonte concreto, non un pio sentimento. La carità è un avvenimento che impegna, non una preghierina devota.
Insomma, la storia del Battista e la qualità del suo rapporto con il Cristo ci spingono senza tentennamenti verso «Una fede che non sia teoria, luogo comune, tradizione abitudinaria; una speranza che faccia fremere e agire e non si perda nella vaga aspirazione o, peggio, nell’illusione; una carità operosa che incide nella storia, ponendosi efficacemente al servizio degli ultimi della terra, senza stingersi nella generica sensibilità devota». (C. CARRETTO, Il deserto nella città, Paoline, Alba 1986)