Spesso la forza e la ricchezza del Vangelo di oggi sono state “ridotte” ad una sorta di disputa per stabilire se sia migliore la vita attiva o quella contemplativa! Per sfuggire definitivamente a questa lettura riduttiva, osserviamo che, con evidente raffinatezza letteraria, Luca pone l’episodio dell’accoglienza di Gesù a Betania, nella casa di Marta, subito dopo la parabola del Samaritano compassionevole. La sequenza dei due racconti, così, ci suggerisce che lo “stare ai piedi del Signore” di Maria – cioè, l’esperienza interiore – non è in contrasto con la vita attiva e i “molti servizi” di Marta, né con l’agire caritatevole del buon Smaritano. Leggere la pagina di oggi tenendo presente quella del Samaritano, anzitutto conferma una convinzione tanto cara ai profeti: la preghiera, se non si traduce in impegno concreto, non sale a Dio. Poi ci dice che solo l’impegno che nasce dalla preghiera e dall’ascolto della Parola di Dio è al riparo dalla strumentalizzazione e dall’ambiguità.
Se pregare è “ospitare” il Signore e le sue logiche nella nostra vita, se la preghiera è un modo per aprire la nostra esistenza a Dio, per ricominciare il nostro cammino a partire dal Suo sguardo e dalle Sue promesse, allora la delicatezza e il dinamismo che attraversano la prima lettura possono illuminarci. L’ospitalità di Abramo verso i tre viandanti sconosciuti presso le Querce di Mamre è inizio di una storia nuova per lui e la sua famiglia. Egli però, prima di essere un uomo che accoglie e che serve, è un uomo che vigila “all’ingresso della tenda”, perfino “nell’ora più calda del giorno”. L’ospitalità – che è inizio di storie nuove – non si inventa. Il cuore generoso è prima di tutto un cuore vigile, in attesa, perché mai appagato. Solo chi vive così la sua vita può accorgersi della “visita” del Signore, che bussa alla porta della nostra esistenza, in tanti modi e tempi. In Abramo, poi, ospitalità e ascolto sono accompagnati dall’impegno concreto, un impegno che coinvolge anche gli altri della sua casa (Sara e i servi).
Ancora uno sguardo al Vangelo. “Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per troppe cose”. Con queste parole Gesù non intende condannare l’atteggiamento del servizio, ma piuttosto l’affanno con cui a volte lo si vive. Non c’è nessun disprezzo per Marta, che assomma in sé la premura di Abramo per i tre viandanti e la dedizione del buon Samaritano nei confronti del malcapitato. La figura di Marta necessita però di completamento; e lo trova in Maria. L’attività e la dedizione di Marta vale solo se è conseguenza della contemplazione espressa da Maria, “la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola”.
Donaci sempre, Signore, le mani di Marta e il cuore di Maria, perché “seduti ai piedi di Cristo” possiamo essere operai instancabili del suo amore.