Anche questa domenica, la Chiesa ci fa avanzare verso l’obiettivo che caratterizza tutto il Tempo Ordinario: rafforzare la nostra identità di cristiani, come autentici discepoli di Gesù. In particolare le letture di oggi, a partire dalla vocazione di Eliseo (I lettura), contribuiscono a definire l’identikit del discepolo di Gesù, esposto a tanti pericoli e tentato da atteggiamenti sbagliati. Gli stessi con cui anche noi, spesso, dobbiamo fare i conti.
Il giovane Eliseo ha una sua vita, le sue proprietà, i suoi progetti. Attraverso il profeta Elia il Signore irrompe nella vita di questo giovane e sconvolge tutti i suoi piani. É sempre così! Quando il Signore entra nella vita di una persona, cambia l’orizzonte della sua vita, invitandola ad uscire dal perimetro dei propri “terreni” (idee, progetti, aspettative) e proiettandola verso orizzonti nuovi. E spesso, lo fa attraverso circostanze, persone, storie che bisogna imparare ad intercettare ed accogliere nella propria vita, con grande libertà interiore. Quella stessa libertà alla quale – ci ricorda Paolo (II lettura) – noi tutti “siamo stati chiamati”.
Anche il Vangelo richiama le esigenze che comporta il vivere la sequela di Gesù. Nella prima parte del brano, di fronte al rifiuto di un villaggio di Samaritani, si fa strada l’eterna tentazione dei discepoli: imporre la verità con la forza e, talvolta, anche con arroganza. Atteggiamenti tipici di chi interpreta il servizio del discepolo come impegno “contro” qualcuno, e non come un mettersi pazientemente “accanto” a qualcuno. Ma a questo modalità errata, Gesù oppone il suo secco rimprovero. E poi, invita a rimettersi “in cammino verso un altro villaggio”, perché c’è sempre un altro paese da attraversare, altre persone da incontrare, un altro cuore a cui annunziare la bontà e l’amore del Padre. Essere discepoli di Gesù, dunque, è saper stare sempre “in cammino”. Chi vuol vivere tranquillamente all’interno dei suoi schemi e nelle sue comode sicurezze è lontano mille miglia dalla logica del discepolato.
Il Vangelo poi ci presenta altri modi di intendere l’essere discepoli. “Ti seguirò dovunque tu vada”. Ma Gesù, invece di apprezzare lo slancio e l’entusiasmo di questo tale, sottolinea la fatica che comporta il seguirlo seriamente. Altre due persone vogliono seguire Gesù, ma chiedono di poter prima seppellire il padre, o di salutare i familiari. Il Signore ha per essi un’espressione forte: “Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio”. Espressione che non intende certo penalizzare gli affetti, ma invita a spendersi per cose nuove ed inedite: “Tu va e annunzia il regno di Dio”.
Troppo duro? Troppo difficile? Impossibile per noi? Non con la grazia di Dio che ci sostiene e ci guida, per divenire veri discepoli di Gesù.