Rubrica de “Il Sole 24ore” Abitare le parole / Sciatteria -Nel linguaggio comune, la parola sciatteria è poco frequente. È tanto presente invece nella prassi. La derivazione etimologica della parola sciatteria è la stessa del verbo “sciattare”. Esperti lessicografi, all’interno dell’ambiente ebraico, ne fanno risalire l’etimologia all’ebraico shachat (radice sht), che ha come significato primario quello di “macellare animali secondo il rito ebraico” (M. Forti), e più genericamente “distruggere”. Non saprei che relazione vi sia con il significato attribuito alla parola sciatteria quando la si fa derivare etimologicamente dal latino volgare exaptare, composto dal prefisso ex, con funzione privativo-detrattiva, e aptare (adattare). In questo caso, la sciatteria è la pratica o l’insieme dei gesti che rendono o fanno apparire inadatta una persona, un vestito, un linguaggio o un comportamento in genere. In questo caso, si ritiene “sciatto” tutto ciò che è trasandato, trascurato, negligente, insignificante, mediocre, squallido.
La sciatteria, anche quella del linguaggio, scambiata spesso ed erroneamente per semplicità, può rispecchiare un vuoto o un malessere interiore. Ne era convinto G. Orwell quando affermava: “Poiché i nostri pensieri sono fatui, la lingua diventa sgradevole e sciatta, ma la trascuratezza della lingua favorisce a sua volta la tendenza ad avere fatui pensieri”. Con più chiarezza, e sempre a proposito di linguaggio, Nanni Moretti afferma che “Chi parla male, pensa male e vive male!”. Aggiungo che il parlare volgare, il liquidare l’interlocutore con un fare irridente, al limite del cinismo, è una forma grave di sciatteria; scorciatoia troppo facile, cui ricorre chi è a corto di argomentazioni forti e sostenibili.
Sciatteria è non fare bene le cose, metterci negligenza, pigrizia e indifferenza, trascurare i dettagli, tanto … “fa lo stesso”, oppure perché … “la sostanza è un’altra!”. Niente fa mai lo stesso e la forma riveste, manifesta e comunica la sostanza di quello che siamo e di quello che ci portiamo dentro. Spesso sono proprio i dettagli a segnare la differenza. Questo è vero nelle relazioni e per la bellezza; ma è vero anche per l’eleganza, la gentilezza, la bontà e la stessa intelligenza. Vivere in maniera sciatta è come scrivere senza un ordine, disseminando parole a caso. Senza spazi e senza punteggiatura.
Il contrario della sciatteria, tentazione senza tempo, non può essere l’inutile, arido e superficiale formalismo. Questo infatti è un modo diffuso per coprire agli occhi degli altri il vuoto interiore e la scarsa cura per tutto ciò che davvero conta. Ma, proprio perché all’esterno mostriamo ciò che siamo dentro, non si può ignorare che vi è anche una sciatteria che raggiunge livelli patologici e porta a costruire intorno a sé muri difficili da penetrare e da interpretare. Muri che soffocano se non c’è qualcuno disposto ad abbatterli.