Ritmo

Rubrica de Il Sole 24ore “Abitare le parole”

Sempre la parola ritmo evoca il succedersi armonico di elementi o il loro alternarsi nello spazio e nel tempo, come la sua stessa etimologia suggerisce. Il termine ritmo deriva infatti dal latino rhythmus e dal greco ῥυϑμός, affine al verbo ῥέω, che significa letteralmente “scorrere”.
Con l’armonia e la melodia, il ritmo è tra gli elementi costitutivi del linguaggio musicale, e indica il succedersi regolare dei rapporti di durata intercorrenti tra i suoni, e una differente scansione tra questi e le pause. Insieme assicurano un ascolto gradevole della melodia stessa, al punto da rendere la musica così spesso emotivamente coinvolgente e, direbbe Goethe, «sublime».
Molto frequente è l’utilizzo della parola ritmo in senso figurato. Si pensi, ad esempio, all’espressione: «Hai il ritmo nel sangue». Chi la pronunzia intende evidentemente andare oltre l’ambito fisiologico. Non si limita ad affermare lo scorrere regolare del sangue in tutto l’organismo attraverso le arterie e le vene. Vuole piuttosto riconoscere, nello svolgersi della vita del proprio interlocutore, la presenza di una ordinata vitalità, frutto dell’alternanza tra intense espressioni e prevedibili momenti di pausa. Proprio come accade nella musica o come avviene nel susseguirsi di parole e di spazi vuoti nella scrittura. È il vibrante alternarsi della configurazione del ritmo, non sempre eguale nel ripetersi, che permette di cogliere il senso di ciò che si sta ascoltando, leggendo o contemplando.
Ma non è solo la musica l’ambito in cui il ritmo assicura vitalità e bellezza. Vitruvio (I sec. a. C.), ad esempio, ne esplicitò senso e contenuti in riferimento all’architettura. Per il suo primo grande teorico, questa disciplina esiste solo quando c’è εὐρυθμία (eurythmía). Quando cioè in essa viene assicurato, letteralmente, il “giusto ritmo” tra le parti e gli spazi, pieni e vuoti.
Certo, la sindrome dell’horror vacui, che va caratterizzando sempre di più non solo la nostra società, ma anche la nostra interiorità e le nostre relazioni, ci impedisce di godere la bellezza di una vita vissuta al ritmo giusto e di gustarne i momenti che la compongono.
La paura del vuoto e il peso del silenzio allungano la loro ombra su tutto ciò che, nella nostra vita, può assomigliare a una pausa rigenerante da destinare all’ascolto di sé stessi, all’interiorizzazione di ciò che si è ascoltato o alla contemplazione di quanto ci circonda. Anche nei suoi aspetti più problematici. Eppure, sono quelle pause e quegli intervalli a impedirci di essere travolti e a farci apprezzare, grazie al ritmo, la melodia che, nonostante tutto, accompagna buona parte della nostra vita.

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