Rubrica de Il Sole 24ore “Abitare le parole”
La realtà della nostra vita e quella delle nostre relazioni viene così lasciata fuori. Fuori dai nostri pensieri. Fuori dalle nostre emozioni. Fuori da eventuali progettualità. Non le permettiamo di farsi strada in noi, col timore che metta poco o tanto scompiglio dentro e attorno a noi. Ecco allora materializzarsi la rassegnazione, nella forma più diffusa che è dato incontrare: la spinta a stare fermi. Quasi una variante dell’ignavia, tipica pigrizia di chi non sceglie mai.
La complessità degli stati d’animo che si alternano nella persona rassegnata è pari alla complessità del campo semantico della parola rassegnazione. Per niente lineare infatti è il percorso del sostantivo derivante dal verbo latino re-signare, che conosce sia la forma transitiva sia quella intransitiva. Nel primo caso, re-signare rimanda al gesto di rompere un sigillo, sciogliere, liberare; intendendo con questo gesto rinunciare a un compito o rimettere un mandato in mani altrui, come invece è giusto in certi casi di coscienza. Nel secondo caso, rassegnarsi è un verbo che riveste toni non certo positivi, di qui il vocabolo rassegnazione.
La persona rassegnata è chi, per i motivi più diversi, ha visto gradualmente morire la fiducia in sé stesso e la sua capacità di mettersi in gioco, decidendo così, o vedendosi costretto a decidere, di dare le dimissioni da una vita vissuta in modo responsabile. È chi rinunzia a protendersi nel futuro. Perché lo vede come una ripetizione del passato e ne ricorda solo i momenti segnati da sconfitte e delusioni. Oppure perché ritiene il futuro uguale al presente, per di più senza germi di possibilità nuove da coltivare e da far crescere.
È la rassegnazione disegnata da F. Filippelli sul volto del venditore. Pur essendo tale il soggetto ritratto, nel dipinto non si intravede alcun banco-vendita né esposizione di merce. È il massimo della rassegnazione per il venditore: rinunziare a provarci perché «sente» che nessuno si fermerà e che, in fondo, lui non ha nulla da offrire.
Come per il venditore del dipinto, incontriamo varie volte chi ritiene il rassegnarsi una soluzione di fronte alle inevitabili difficoltà della vita. Lo è. Erroneamente. Ma solo per chi non incrocia compagni di strada capaci di ridare vita a sogni infranti o colore a relazioni tradite.