Rubrica de Il Sole 24ore “Abitare le parole”
La parola prospettiva ha trovato spazio nell’arte, nella fisica, nella geometria e nella scienza. Gli inizi del suo impiego vanno ricercati negli studi di ottica dell’antichità greca e latina. Gli studi ottici medievali chiamavano perspectiva naturalis la stessa ottica. Prospettiva deriva da perspectiva, forma femminile del tardo latino prospectivus (che permette la vista), a sua volta riconducibile al verbo perspicere (vedere innanzi/attraverso).
Col tempo, per “prospettiva” si è indicato un metodo scientifico di rappresentazione di corpi tridimensionali o solidi su un piano bidimensionale, che dà il senso della profondità. Maestri della prospettiva sono stati F. Brunelleschi, L.B. Alberti (De pictura), Masaccio (Trinità), Piero della Francesca (Flagellazione) e Leonardo (Ultima cena). Nelle loro rappresentazioni, la prospettiva è frutto della scelta di un punto nel quale è idealmente collocato l’occhio di chi le guarda.
Di prospettiva si parla anche per estensione, a proposito del “punto di vista” scelto per raccontare eventi storici. Scegliere il punto di vista del vincitore o quello dello sconfitto non è la stessa cosa. La prospettiva scelta dà luogo a racconti caratterizzati da atteggiamenti, sensazioni, giudizi e pregiudizi che orientano in maniera decisamente diversa il giudizio. A chi sfugge, rispetto a uno stesso evento, la differenza tra le grida di giubilo del vincitore e le lacrime amare dello sconfitto? È questione di punti di vista!
Il modo di intendere la prospettiva fin qui descritto non esaurisce però il significato di questa parola. La parola prospettiva viene utilizzata infatti anche in senso figurato. Quando ciò avviene, la parola prospettiva è più del “punto di vista”. Dicendo, ad esempio, “in prospettiva vorrei fare…”, indichiamo il desiderio di proiettare e orientare noi stessi, un evento o una relazione in modo diverso da quello che stiamo vivendo nel presente. Non si tratta ancora di progetto compiuto, però è una “visione in prospettiva” che, se coltivata, realizza qualcosa d’impensabile in precedenza. È una nuova opportunità rispetto a quello che si è, si ha o si vive sul piano culturale, rispetto alle proprie relazioni e alle proprie aspirazioni.
Picasso radicalizza il concetto di prospettiva. Per lui la prospettiva non è un generico punto di vista o il semplice sguardo fisico dell’artista sulla realtà. La prospettiva, nella sua arte, diventa una modalità espressiva per comunicare sofferenza interiore e inquieta coscienza. L’una e l’altra, nel pittore spagnolo, si fanno immagine e protesta in volti irriconoscibili e in spazi deformati.
C’è tanto bisogno, oggi più che mai, di una prospettiva che nasca da dentro come quella di Picasso, capace di raccontare emozioni, nutrire voglia di vivere e progettare con uno sguardo nuovo. Provocatorio e non omologato. Capace di produrre forti sensazioni e coraggiosi cambiamenti, a livello personale e comunitario.