Pericolo

Rubrica de “Il Sole 24ore” Abitare le parole / Pericolo

Capirlo per non temerlo

In presenza di un pericolo, si sviluppano stati d’animo – paura, timore, incertezza, agitazione – che coinvolgono, non solo emotivamente. Quando sono particolarmente intensi, essi arrivano a paralizzare la persona nei suoi movimenti interiori ed esteriori, e nelle sue relazioni.
Pur non avendo valore salvifico in sé, cogliere il senso della parola pericolo aiuta a distinguere e, per quanto è possibile, a regolare i propri stati d’animo e le proprie reazioni. Evitando di soccombere, anzi cercando di cogliere il pericolo come opportunità.
Oltre che nel diritto penale, grande attenzione è stata dedicata alla parola pericolo in ambito pre-giuridico e in quello teologico. Famosa resta la raccomandazione tratta dal libro biblico del Siracide: “Un cuore ostinato alla fine cadrà nel male; chi ama il pericolo, in esso perirà” (3, 25).
L’etimologia della parola pericolo rimanda al sostantivo e al verbo latini pericŭlum e perior (fare esperienza, provare) e al verbo greco peiràô (tento, provo). Nel linguaggio comune, ha finito per prevalere il significato che la parola pericŭlum ha assunto in ambito giuridico, dove pericŭlum è il processo e tutto ciò che l’accompagna. Per esempio, il rischio che finisca con una condanna. Ciò ha contribuito a caratterizzare il pericŭlum sempre e comunque come realtà negativa.
In ogni caso, la parola pericolo non fa rima né con ineluttabile né con senso di impotenza di fronte a esso. Dando così ragione a un verso di Friedrich Hölderlin: “Dove cresce il pericolo cresce anche ciò che salva”.
Nonostante la certa derivazione etimologica, non vi è consenso unanime sulla definizione di pericolo. Le due accezioni prevalenti ruotano intorno ai termini “possibilità” e “probabilità”. Nel primo caso, si parla di pericolo quando vi è la rilevante possibilità che si verifichi un evento lesivo. Nel secondo caso, il pericolo è dato dalla probabilità che si produca una lesione, definita sulla base di una valutazione probabilistica. Si distingue inoltre tra la natura oggettiva e quella soggettiva di un pericolo. Nel primo caso, il pericolo è “una qualità intrinseca in un determinato fattore avente potenzialità di causare danni” (Art.2, r, del DL 81/08). Ma vi sono anche pericoli ritenuti tali per una rappresentazione o percezione personale.
Il filosofo e paleontologo francese Pierre Teilhard de Chardin, pur tenendo sullo sfondo lo scavo semantico della parola pericolo, avverte che “Il pericolo maggiore che possa temere l’umanità non è una catastrofe che venga dal di fuori, non è né la fame né la peste; è invece quella malattia spirituale – la più terribile, perché il più direttamente umano dei flagelli – che è la perdita del gusto di vivere” (Il fenomeno umano). Oltre che terribile, la perdita del gusto di vivere è un pericolo subdolo. Possiamo costruircelo giorno dopo giorno, rinunziando a metterci in gioco di fronte alle poche o tante opportunità che la vita offre. E ci accorgiamo della sua presenza solo quando ha raggiunto proporzioni insopportabili.

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