Rubrica de Il Sole 24ore “Abitare le parole”
Accanto al significato proprio, a questa parola se n’è subito aggiunto uno metaforico: la vita come pellegrinaggio.
La storia e la vita di alcuni popoli sono stati un continuo pellegrinaggio. Per loro, peregrinare non è stata una parentesi. Basta riandare all’origine della storia del popolo ebraico. Prima della sedentarizzazione, gli spostamenti delle tribù nomadi erano veri e propri pellegrinaggi. Con soste che coincidevano, per lo più, con luoghi che ricordavano apparizioni di Dio o nei quali il popolo in difficoltà aveva sperimentato, nel passato, segni sorprendenti della presenza amorevole di Dio. E ora, tornandoci, cercavano di rivivere quelle esperienze, in cerca di energie spirituali nuove per proseguire il pellegrinaggio della vita. In cerca di spazi carichi di umanità e di leggerezza, rispetto alla fatica della quotidianità.
Pur essendo diventata una pratica molto frequente nel Medioevo, il pellegrinaggio non è invenzione della civiltà medievale. E non è limitata alla tradizione giudaico-cristiana con Gerusalemme e Roma come mete privilegiate. L’Oracolo di Delfi per i greci e il pellegrinaggio alla Mecca per i musulmani ne sono testimonianza.
Desta tuttavia curiosità l’assenza nell’antichità classica, e quindi nella lingua latina e in quella greca, di un termine per esprimere la pratica religiosa del pellegrinaggio. Il termine peregrinus aveva una connotazione solamente giuridica.
Secondo il grammatico Varrone, pellegrino era colui che stava fuori dalla sua comunità. Conforme all’etimologia, che fa derivare pellegrino dall’avverbio peregre (lontano, fuori dal paese) o per agra (l’andare da un posto all’altro “attraverso i campi”). Quando il fenomeno degli spostamenti divenne più frequente, si avvertì l’esigenza di istituire il praetor peregrinus per dirimere controversie riguardanti i pellegrini.
Grande spazio ha trovato nella letteratura e nell’arte il tema del pellegrinaggio e del suo essere metafora del viaggio della vita. Come ebbe a scrivere van Gogh: «Noi siamo dei pellegrini, la nostra vita è un lungo cammino, un viaggio dalla terra al cielo». Un viaggio verso l’Oltre che, per quanto spesso in salita, non è avaro di occasioni per meravigliarsi, commuoversi e stabilire belle relazioni. Eppure, un Oltre che stenta talvolta a sostenere con la sua luce i passi del pellegrino. Ma solo per chi pensa, intraprendendo il pellegrinaggio, di fuggire da sé stesso. E allora: «Amara scienza / si ricava dal viaggio! – scrive Baudelaire – il mondo piccolo, monotono, / oggi come ieri / e come domani e sempre, / ci mostra l’immagine nostra: un’oasi d’orrore / posta in mezzo / a un deserto di tedio» (I fiori del male).