Rubrica de “Il Sole 24ore” Abitare le parole
Lo slancio per ridisegnare la storia
Vi sono momenti, nella vita individuale e in quella collettiva, nei quali si fa fatica a mettere ordine nei propri sentimenti, nelle proprie emozioni, nei propri ragionamenti e, di conseguenza, nelle proprie decisioni. E, forse proprio per questo, si fa anche fatica a tenere distinte accezioni diverse di una stessa parola, che esigono invece di stare insieme. Quasi appoggiandosi una all’altra, perché insieme riescono ad attraversare la vita, a regolare i sentimenti e ad accompagnare le decisioni.
È così per la parola passione. Nel tempo, ha assunto significati ambivalenti. Passione vuol dire sofferenza, ma anche slancio e decisione di non fermarsi. Soprattutto quando il presente che si vive porta impressi in sé i segni di una fatica insopportabile, e il futuro è ancora tutto da decifrare perché si stenta a scorgerne i contorni, all’orizzonte. Lo sapevano bene i Greci, che introdussero nel loro vocabolario la parola “Pathos”. Uno dei termini più ricchi e complessi. Adatto a indicare sofferenza ma anche piacere, dolore ma anche godimento, patimento ma anche spinta potente verso il raggiungimento di un obiettivo.
La lingua italiana, nell’uso comune, ha gradualmente abbandonato questo modo di esprimersi dei Greci. Con la parola passione essa ha finito per indicare, di fatto e prevalentemente, un sentimento intenso, capace di scatenare e sostenere una forte propensione nel raggiungimento di un obiettivo. Si è così messo parzialmente da parte il significato letterale della parola passione, la cui etimologia rimanda al tardo latino passio/nis, derivato di passus, participio passato del verbo pati (patire, soffrire). La passione intesa come sofferenza è frutto della traduzione greca dei Vangeli, nei quali la sofferenza di Gesù viene indicata con la parola pathos. Questo ha fatto sì che, nella lingua italiana, la passione come dolore e sofferenza la si ritrovi prevalentemente riferita alle sofferenze che precedettero e accompagnarono la crocifissione e la morte di Gesù. Quelle che, in un delicato dialogo tra arte e spiritualità, tante opere hanno voluto rappresentare. Dal cinema alla pittura, dalla letteratura alla musica. Da La passione di Cristo di Mel Gibson alle opere di M. Chagall e H. Matisse; dalla “Vita di Cristo” di G. Papini alla “Passione secondo Marco” di J. S. Bach.
Vi sono momenti, e sono i nostri, nei quali i due principali significati della parola passione vanno tenuti insieme. La passione – immane sofferenza che accompagna muta e intensa la perdita di vite umane e la consapevolezza della nostra fragilità – non può abitare solitaria le nostre strade. Non può occuparne tutte le corsie. Mai come in questo momento, senza passar sopra alla sofferenza, va recuperata e contagiata la passione, intesa come slancio e interesse, indispensabile per ridisegnare una storia personale e comunitaria messa a dura prova. Fino allo sfinimento e alla tentazione di lasciarsi andare.