Presentato nella sede delle Paoline del libro di Lorizio e Staffolani con gli articoli pubblicati nella rubrica dedicata di Roma Sette. Gli interventi di Galantino, Notarstefano e Mazzone
Pellegrinaggi, Porte Sante, indulgenze, celebrazioni eucaristiche, preghiere e confessioni. È la ricchezza spirituale che offre il Giubileo. Un tesoro da condividere con tutti, ma ancor prima da non disperdere. In che modo? La strada è tracciata da più di settecento anni, ma il rischio di perdere la rotta è sempre dietro l’angolo, soprattutto se si affronta il viaggio senza consapevolezza.
A fare da guida ci pensano monsignor Giuseppe Lorizio, professore ordinario emerito di Teologia fondamentale alla Pontifica Università Lateranense, e padre Marco Staffolani, passionista, vicedirettore dell’Ufficio per la cultura della diocesi di Roma. Autori del libro “Vivere il Giubileo: una introduzione teologica”, edito da Ave, la cui prefazione è stata scritta dal cardinale vicario Baldo Reina. Il volume, che raccoglie una serie di articoli pubblicati su Roma Sette, è stato presentato ieri, 15 gennaio, alla Libreria Paoline Multimedia Internazionale di via del Mascherino, a Roma. Oltre agli autori, presenti come relatori il vescovo Nunzio Galantino, presidente emerito dell’Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica e già segretario generale della Cei, il presidente nazionale dell’Azione cattolica italiana Giuseppe Notarstefano, che ha curato la post-fazione, e Anna Mazzone, giornalista del Tg2.
Secondo Galantino, «ci sono parole e intere espressioni, a cominciare dalla parola “Giubileo”, che vanno ricomprese, se non si vuole vivere in maniera distratta e superficiale l’evento». Per il vescovo, in questo senso, «c’è la necessità di liberare le espressioni “Giubileo” e “Anno Santo” da scorie storiche e deformazioni che sono state fatte oggetto di critiche». Il presule ha messo poi in guardia dall’«esaltazione eccessiva di numeri e dalla voglia, anche se involontaria, di stupire!». Nella migliore delle ipotesi, così facendo, ha sottolineato, «si assolutizzerebbe una lettura dell’evento e della missione della Chiesa solo in “chiave sociologica”», promuovendo «una concezione commerciale dell’esperienza religiosa». È l’idea, ha spiegato Galantino, «che sta all’origine di un distorto e prolungato ricorso al tema dell’indulgenza», insieme alla «pretesa che tenta di giustificare un’assurda quantificazione di un dono che, proprio per questo, smette di essere tale».
Il vescovo, infine, ha riflettuto sul Purgatorio, che nella confessione cattolica «va oltre la logica binaria del bene e del male, del vero e del falso», ha detto citando Lorizio. Sul senso della preghiera per i defunti ha invece sottolineato: «Siamo chiamati a essere pellegrini di speranza per quanti ci hanno preceduto». Ha poi concluso richiamando l’augurio del teologo a «vivere il Giubileo come evento ecumenico, nella consapevolezza che tutti abbiamo bisogno di riconciliarci con il Signore e tra noi».
Sulla necessità di riscoprire la vera essenza del Giubileo, si è soffermato anche Notarstefano. «Il volume è un invito a riconciliarci con la vita – ha detto -. L’Anno Santo è una grande occasione di trasformazione per tutti, ma soprattutto per la Chiesa. Essere cattolici vuol dire essere profondamenti umani». Sulla stessa scia Anna Mazzone, che ha descritto il libro come «“pop”, ovvero alla portata di tutti, pur esprimendo profondi concetti teologici». Secondo la giornalista, le pagine «ti prendono per mano e ti conducono spiritualmente in strade sconosciute, facendoti capire che varcare la Porta Santa non significa essere arrivati, ma è solo l’inizio del viaggio».
In conclusione, hanno preso la parola gli autori. Padre Staffolani ha sottolineato l’importanza di rendere fruibile a tutti la Teologia con esempi pratici e diffusi. Poi ha concluso con l’augurio che «il Signore ci faccia comprendere il dono del Giubileo e le grandi potenzialità della sua Grazia». Anche Lorizio ha insistito su questi temi. «L’Anno Santo – ha detto – è un momento centripeto in cui ritrovare insieme il centro dell’unità contro la frammentazione». In questo senso ha parlato della “popolarità” del cristianesimo, perché formato da «un popolo che si mette in cammino come comunità». Senza dimenticare, ha concluso, che «la salvezza si raggiunge attraverso i sacramenti e che la nostra conversione, così come il nostro agire sociale, deve essere sempre sostenuta dal rapporto con l’eterno».