Musica. Dire molto, però cantando

Rubrica de “Il Sole 24ore” Abitare le parole / Musica – «Dove le parole non arrivano… la musica parla» (Ludwig van Beethoven). La definizione, tratta dal Vocabolario della lingua italiana Zingarelli, presenta la musica come «arte di combinare più suoni in base a regole definite, diverse a seconda dei luoghi e delle epoche».
Etimologicamente il termine musica deriva dal greco mousikos, con chiaro riferimento alle figure delle Muse. Originariamente però il termine non indicava una particolare arte, bensì tutte le nove arti delle Muse, e si riferiva a qualcosa di perfetto ed ideale.
Resta, in ogni caso, la difficoltà di circoscrivere con le parole la musica. Soprattutto a causa della densità e della ricchezza del suo reale significato e degli effetti che essa produce.
Della musica conosciamo e possiamo sottolineare i suoi poteri terapeutici sul fisico e sulla psiche; possiamo comprenderne le logiche per la riproduzione o l’esecuzione più o meno fedele, possiamo leggerla, a volte possiamo perfino capirla, possiamo interpretarla. Di certo non possiamo spiegarne il senso: da qualsiasi punto di vista la si guardi, la musica offre sempre una prospettiva ulteriore. Una prospettiva di senso, di pace, di armonia, di libertà, di amore e di passione, di lacrime e sorrisi, di evocazione del ricordo, di pensiero, di riflessione meditata, di silenzio. «Ecco quel che ho da dir sulla musica: ascoltatela, suonatela, amatela, riveritela e tenete la bocca chiusa» (Albert Einstein).
Allora si comprende bene che per definirla dobbiamo scomodare l’anima e la coscienza, il nostro sentire e il nostro agire. E poi occorre trasformare l’anima e la coscienza in cultura, in codice musicale, in modo di esprimersi.
L’idea che la musica sia un linguaggio universale ha radici antiche e attraversa in maniera più o meno esplicita l’intera storia del pensiero occidentale. E come tutti i linguaggi è in evoluzione, facciamo fatica ad intrappolarlo. E che dire della definizione di quanti considerano la musica come il sorriso di Dio verso l’umano, attribuendole per questo carattere quasi divino? Essa infatti è capace di rivelare i legami misteriosi tra natura e immaginazione e apre al futuro: «Fa percepire cosa c’è dietro l’angolo» (Lucio Dalla).
L’ascolto della musica ti riporta indietro ma ti spinge anche in avanti, così che provi, contemporaneamente, nostalgia e speranza.
La pensa così Pascal Quignard quando afferma che «la musica è semplicemente là per parlare di ciò di cui la parola non può parlare. In questo senso, la musica non è del tutto umana».
Senza musica perderemmo la meraviglia delle tonalità, dei ritmi, delle pause, delle battute e dell’armonia perché «la musica è basata sull’armonia tra Cielo e Terra, è la coincidenza tra il disordine e la chiarezza» (Hermann Hesse). E allora come si parla di musica senza essere banali? La risposta di Lucio Dalla è…”cantando”!

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