Rubrica de Il Sole 24ore “Abitare le parole”
Ad arricchire l’ampio campo semantico della parola missione contribuiscono più elementi: la derivazione etimologica, la radice che entra nella sua composizione e i molteplici ambiti nei quali il termine viene utilizzato.
Le prime attestazioni scritte in cui compare questa parola appartengono alla tradizione giudaico-cristiana. Il concetto di missione però, con obiettivi e modalità differenti, è presente anche in altre culture e tradizioni religiose, come l’Islam, il Buddismo o l’Induismo.
Per la sua versatilità, la parola missione o mission ha subito trovato spazio in una vasta gamma di contesti e ambiti. Se ne parla, ad esempio, in ambito aziendale, militare, nelle organizzazioni non profit o nei programmi spaziali. Sicché, in senso figurato, una missione può essere una qualsiasi attività o compito che richiede impegno e determinazione in vista di un obiettivo da raggiungere. Oppure può costituire la ragion d’essere di un’organizzazione.
La missione allora non è solo un termine. È un’idea che ispira e guida, in vista della diffusione e realizzazione di un progetto o di una visione. Molto di più di un semplice compito che viene affidato o di un obiettivo da raggiungere. Per questo implica un’adesione personale alla visione che si vuole promuovere o al progetto che si intende portare a compimento.
A confermare la potenza espressiva della parola missione contribuisce la presenza, nella sua composizione, della radice mei. Essa contiene in sé gli atti dell’andare, cambiare posto, muoversi e relazionarsi. Atti che conferiscono alla missio un carattere di straordinarietà. Si tratta infatti dell’invio di una o più persone presso qualcuno o in luoghi particolari, per portare a termine un incarico rilevante e di non facile esecuzione. Tale era, ad esempio, il compito dei Missi dominici, funzionari istituiti da Carlo Magno per presiedere i processi per i fatti più gravi e per esercitare i poteri riservati al re.
Ad arricchire qualitativamente il concetto di missione e la funzione di coloro ai quali essa viene affidata contribuisce l’essere la parola missio – participio passato del verbo latino mittere – traduzione del verbo greco αποστέλλω (apostello). Termine che, con i suoi derivati, ricorre 131 volte nel Nuovo Testamento. Di queste, 119 solo nei Vangeli e negli Atti. In tutti i casi fa riferimento all’inviare o all’essere inviati, appunto, come apostoli. Partecipi consapevoli cioè di un progetto che cresce e di una visione che si diffonde grazie alla missione accolta da chi la considera portatrice di senso, non solo per la propria vita. Tanto da dare ragione a Nietzsche che in Ecce homo afferma: «Chi ha un “perché” per vivere, può sopportare ogni “come”».