Rubrica de “Il Sole 24ore” Abitare le parole / Memoria – Il greco mimnésco ed il latino memor (uno/a che ricorda) sono i riferimenti etimologici della parola memoria, che è la facoltà di tenere in vita – pur in assenza delle condizioni che li suscitò – parole, esperienze ed eventi già accaduti. Una lettura approfondita di ciò che è la memoria porta a ritenere non del tutto congruo l’utilizzo, come sinonimi, di memoria e ricordo. Mentre la memoria è un’attività della mente, già l’etimologia (re-cordare: richiamare al cuore) della parola “ricordo” sposta quest’ultima su un diverso campo semantico, quello dei sentimenti più che su quello della mente o della ragione. Sintomatico è il significato del verbo “scordare” che, in base all’etimo latino, vuol dire “far uscire dal cuore”.
A far perdere la memoria possono contribuire diversi fattori. Le principali: l’insorgere di patologie specifiche oppure l’atrofizzazione parziale o totale delle funzioni della memoria dovuta al poco uso di essa. Una causa può essere anche la totale delega di archiviazione affidata a dispositivi elettronici. Questi, più che supportare, finiscono talvolta per sostituire le funzioni della “memoria” come, sintomaticamente, è chiamato il dispositivo di un computer che ha la funzione di conservare, dopo averli registrati, una serie di dati.
Coltivare la memoria permette di fare sorprendenti esperienze, come quelle che hanno fatto dire a P. Levi: “La memoria è uno strumento molto strano, uno strumento che può restituire, come il mare, dei brandelli, dei rottami, magari a distanza di anni”.
L’olimpo della mitologia greca è abitato, tra gli altri, dalla dea Mnemosȳne, personificazione della memoria e madre delle nove Muse. Quasi a dire che è a partire dalla Memoria-madre che ognuna di esse, attraverso le arti che ciascuna incarna, contribuisce a rendere vivo, fecondo e ricco il tempo. “…Io sono ricco di memorie – amava dire M. R. Stern – e l’uomo che non ha memoria è un pover’uomo, perché essa dovrebbe arricchire la vita, dar diritto, far fare dei confronti, dar la possibilità di pensare ad errori o cose giuste fatte”. Sì, perché la memoria permette di fare bilanci, valutazioni, scelte. Di vivere e di vivere bene. Qual è, se non questo, il significato ed il valore della parola derivata “Memoriale”? Per essa vale quanto ha scritto P. Ricoeur «… permette che quelle ferite ci raccontino la vita “altrimenti”». Ma perché questo accada e perché la memoria porti frutti bisogna fare tutto quello che è possibile per non perderla. Tenerla viva vuol dire esercitarla in maniera consapevole, investendo energie e tempo. Sì, perché non c’è memoria senza tempo e senza la necessaria consapevolezza. Tempo e consapevolezza per sedimentare un evento, una parola, un incontro; tempo e consapevolezza perché ci si possa riappropriare di eventi, parole ed incontri significativi, ripartendo da essi e proiettandosi più avanti. In modo da non meritarci la “Damnatio memoriae”, la condanna cioè a sparire dalla memoria altrui, se non per la cattiveria, certamente per la irrilevanza.
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