Labirinto

Rubrica de Il Sole 24ore “Abitare le parole”

Dalla mitologia alla filosofia, dalla letteratura all’arte e all’anatomia, il labirinto è un’immagine ricorrente. E, se è vero che sullo sfondo vi è il labirinto fatto costruire a Creta da Minosse, è anche vero che le fonti antiche non sono concordi nell’identificarne la forma originaria. Incerta è anche l’etimologia della parola labirinto, traslitterazione della voce di origine preellenica λαβύρινϑος (labyrinthos).
Tra le interessanti ipotesi riguardanti l’etimologia della parola labirinto, una la fa derivare dal greco labrys, un’ascia a doppio taglio, incisa nel palazzo di Cnosso, ritenuto comunemente la sede del labirinto. Questa derivazione etimologica è esclusa da chi la ripone invece nel termine laos (pietra), forma più antica di laas e del latino lapis. In questo caso il labirinto sarebbe “la casa della pietra”. Vi sono anche indizi che ritengono la parola labyrinqos, legata all’etrusco thaura (sepolcro) o al licio labra, (ipogeo).
In ogni caso, a partire dal mito greco, tutti guardano al labirinto come a un luogo intricato, nel quale si rincorrono in modo vertiginoso «il mostruoso e il razionale, la tenebra e la luce, gli inferi e le stelle, l’animalesco e il divino. Vi compaiono tutte le forme del desiderio ma anche i volti dell’orrore. La gloria dell’impresa eroica si mescola alla malinconia dell’abbandono» (G. Ieranò, Il racconto del labirinto).
Non meraviglia, allora, l’interesse di filosofi e letterati che hanno visto nel labirinto una delle più comprensive metafore della vita umana, e quella che meglio esprime le dinamiche del mondo nel quale viviamo.
A cominciare da I. Calvino che, con profetica visione critica, nello scritto Sfida al labirinto, anticipava l’evoluzione delle problematiche connesse all’affermarsi del complesso mondo contemporaneo. Il labirinto costituisce il leitmotiv dell’opera di Borges (I due re e i due labirinti). Nietzsche, poi, afferma che «se avessimo il coraggio di plasmare un’architettura a immagine della nostra anima, il nostro modello dovrebbe essere il Labirinto».
L’immagine del labirinto, comunque, oltre a evocare lo smarrimento che può segnare l’animo umano, rimanda alle molteplici possibilità dinanzi alle quali può trovarsi ognuno di noi. Nelle situazioni labirintiche della vita, vi sono vie senza sbocchi e altre che si uniscono a sentieri paralleli. Tanto da tracciare, insieme, un disegno nient’affatto disordinato.
C’è sempre un imbocco al labirinto e sempre resta il varco per uscirvi. Importante è – se non siamo Dedalo, che riesce a evadere dal labirinto solo con la forza del suo ingegno e della volontà di non arrendersi – trovare almeno un’Arianna che sia guida veramente esperta verso l’uscita.

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