Rubrica de “Il Sole 24ore” Abitare le parole / Illusione – Alcune delle riserve con le quali ci si accosta alla parola illusione sono frutto della poca o nessuna conoscenza delle riflessioni che a questa parola hanno dedicato filosofi, letterati e psicologi. Altre riserve nascono dall’ignorare l’etimologia della parola, che deriva dal latino in(l)lusio, composto da in rafforzativo e ludere, che significa letteralmente “stare nel gioco”, semmai separandosi dalla vita di tutti i giorni. A causa di ragioni differenti (etimologiche-storiche-filosofiche-scientifiche), la parola illusione ha subìto uno sviluppo singolare, che ne ha ampliato e talvolta invertito l’orizzonte semantico. Dal significato originario di ironia infatti è passata a quello di irrisione, dileggio, sarcasmo. Tardivamente ha assunto addirittura il significato di inganno. Non solo. Ma alla parola illusione sono stati accostati, quasi fossero sinonimi, allucinazione, errore, delirio e, appunto, inganno. Ignorando che l’allucinazione è percezione di qualcosa che non è presente nella realtà, ed è tipica di forme gravi, ad esempio, di schizofrenia; l’errore è un giudizio difforme dalla realtà; il delirio o idea delirante riguarda un evento semplicemente impossibile; e l’inganno è un imbroglio, è un mettere in atto qualcosa a scapito di chi è chiamato a giudicare. A fronte di questi fenomeni ritenuti erroneamente riconducili all’illusione, questa è, nella sua forma più semplice ed immediata, la percezione di una distorsione sensoriale, soprattutto visiva. “È – afferma Kant nell’Antropologia §13 – quel gioco che rimane anche quando si sa che il presunto oggetto non è reale”. Si pensi all’illusione percettiva del bastone che, immerso nell’acqua, io vedo spezzato.
In epoche storiche particolarmente travagliate e in situazioni nelle quali il singolo si è percepito impotente nel contesto della vita pubblica, si è fatto strada un evidente ricorso all’illusione. Vi sono stati artisti e poeti (Foscolo e Leopardi, in particolare) che – con riferimento ai miti e ai valori dell’antichità – hanno visto nell’illusione il luogo di decantazione dell’inquietudine, vero e proprio ingresso in una dimensione non usuale e non ripetitiva della vita.
In un mondo nel quale facciamo tanta fatica ad affrontare la complessità della vita reale, si fa sempre più strada il potere pervasivo di tecnologie che ci danno l’illusione di essere al centro del mondo …“rendendoci più fragili”, osserva con sarcasmo Z. Baumann. All’uomo però, ritiene Schopenauer, non dispiace coltivare l’illusione. Bisogna solo sperare che non si tratti dell’illusione che dispensa dal pensare né dell’illusione nella quale vive chi pensa di valere più del proprio peso reale, pretendendo che altri glielo riconoscano. Ecco allora il passaggio da realizzare, secondo D. Bonhoeffer, dall’illusione alla speranza. Infatti “se già l’illusione ha tanto potere nell’esistenza umana da mantenerla vitale, quanto più grande sarà il potere che una speranza fondata in modo assoluto ha per la vita!”.