Rubrica de Il Sole 24ore “Abitare le parole”
È proprio difficile ricondurre nello stesso campo semantico la gioia che Lucrezio (De rerum natura, II, 1), al sicuro sulla terra ferma, dice di provare nel vedere il grande affanno di chi fatica a non lasciarsi risucchiare dalle onde di un mare agitato («magnum alterius spectare laborem») e la gioia che papa Francesco vede come antidoto al «grigio pragmatismo della vita quotidiana […e] alla psicologia della tomba» (Evangelii gaudium, 83).
Tra i due modi di percepire e di vivere la gioia c’è la sua impalpabile natura, la sua delicatezza, la sorpresa con la quale essa si affaccia nella nostra vita, ma anche l’imprevedibilità con la quale scompare. L’irrompere di questo stato emotivo non è necessariamente legato a un singolo e preciso evento. Si pone piuttosto al crocevia dell’intimo appagamento di un’attesa, semmai sofferta, o di un desiderio intenso coltivati interiormente e che, senza averne previsti i tempi e definite le modalità, si realizzano. È per questo che, dalla filosofia greca (Socrate e Plotino) all’età tardo antica e medievale, si è intravista una feconda correlazione tra il concetto di gioia e quello di estasi. Entrambe caratterizzate da imprevedibilità e intensità di una relazione interiore che si arriva a stabilire con un’idea, un progetto, un simile o la Divinità.
L’imprevedibilità e l’intensità tipiche della gioia possono, in alcune circostanze, spingere a ignorare le regole dell’etica e della morale, fino a far emergere anche il lato oscuro e fortemente discutibile di certe manifestazioni della gioia. Quello ricordato in apertura, di Lucrezio, è solo un esempio che rivela il lato oscuro della gioia, come quella che invade chi vede il proprio nemico soccombere o il concorrente annientato. In questi casi, a prevalere, più che l’estasi della ragione, di schellinghiana memoria, è l’eclissi della ragione.
Sempre e comunque la sana e positiva emozione della gioia proietta la persona in una dimensione nuova, fatta soprattutto di relazioni leggere e significative che, proprio per questo, sono capaci di spezzare la fitta trama dei piccoli o grandi egoismi che alimentano una visione miope della vita. Le relazioni di cui si nutre l’esistenza di una persona gioiosa sono, infatti, il frutto immediato di ampi orizzonti di pensiero coltivati, di lucida flessibilità intellettuale e di sorprendente creatività. Col vantaggio che è raro che la personalità positiva e gioiosa resti intrappolata in maniera irreversibile nei problemi e nelle difficoltà, pur non potendoli stoicamente evitare né volendoli superficialmente eludere.