Eresia

Rubrica de Il Sole 24ore “Abitare le parole”

A fronte dell’atteggiamento radicale che considera l’eresia alla stregua della lebbra – incurabile e contagiosa, almeno nella mente di chi rifiuta ogni progresso della scienza medica – vi è la sorprendente posizione di san Paolo. Nella Prima Lettera ai Corinzi si trova una concezione non certo positiva dell’eresia, ma funzionale. Scrive infatti l’Apostolo: «Oportuit et haereses esse… è necessario che sorgano fazioni (letteralmente: “eresie”) tra voi, perché si manifestino quelli che hanno superato la prova» (1 Cor 11,19).
La storica britannica Catherine Nixey, nel recente saggio Gli altri figli di Dio. Cristo, la Chiesa e l’invenzione dell’eresia, documenta il percorso che ha portato, da subito e in maniera non certo blanda, a mettere da parte questa concezione paolina.
Nel tempo, l’eresia è stata considerata crimine religioso con risvolti sociali. Fino ad alimentare un vero e proprio scontro tra linguaggi inconciliabili e a produrre una legislazione (Federico II) accolta dalla Chiesa, in base alla quale l’eretico venga ignis iudicio concrematus. Messo al rogo.
Il concetto di eresia non nasce comunque con il Cristianesimo. Già gli antichi greci comminavano pene severe a chi, trascurando i propri doveri religiosi, si macchiava di empietà. Eretici erano considerati i Samaritani dagli Ebrei. Come eretica e scismatica era ritenuta la pratica della comunione dei beni e del battesimo degli Esseni già nel II secolo a.C.
L’etimologia della parola eresia rimanda al greco αἱρέω (hairéo), che significa “scegliere”. Ad attribuire carattere esclusivamente negativo al nesso linguistico fra il concetto di eresia e l’idea della scelta individuale, è stato l’aver considerato alcune prese di posizione come aggressione metodica ai danni della verità cristallizzata nel Credo.
Il profilo sociale e politico dell’eresia muta drasticamente nella seconda metà del XVI secolo. In coincidenza con la fase culminante dello slancio egemonico della Controriforma, l’eretico diventa il nemico da arginare, bandire o abbattere.
Risalgono a questo periodo i quattordici libri Adversus omnes haereses di Alfonso de Castro. Uno fra i manuali eresiologici di maggior circolazione fra inquisitori e canonisti del XVI secolo.
Non si può dire che ciò sia stato, e continui a essere sempre, una buona soluzione al servizio della V/verità. Non di rado a essere considerate eretiche possono essere delle varianti nella interpretazione dei contenuti di fede. Oppure degli inviti a correggere alcune deviazioni nella prassi e nella proposta evangelica. Non sempre, insomma, quella che viene chiamata eresia è espressione della gloriae cupiditas.

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