Rubrica de Il Sole 24ore “Abitare le parole”
La derivazione dal verbo latino educĕre – secondo altri, educāre – riconosce alla parola educazione un carattere dinamico e creativo, come le azioni indicate da entrambi i verbi: trarre fuori, allevare, condurre.
La qualità del dinamismo e della creatività dell’azione educativa dipende dagli obiettivi e dai modelli che la ispirano. Ad esempio, una educazione dettata da modelli efficientisti e produttivisti, come quella oggi prevalente, non tarda a mostrare effetti deleteri. Primo tra tutti, la corruzione delle relazioni e la sclerosi delle emozioni. L’unica possibilità che abbiamo per non restarne travolti sta nel prendere atto di quanto ha affermato Nelson Mandela: «L’educazione è l’arma più potente che si possa usare per cambiare il mondo»; o nell’intraprendere in maniera decisa e condivisa la strada indicata da papa Francesco quando propone il Patto educativo globale, convinto che «solo cambiando l’educazione si può cambiare il mondo».
Un passo avanti sulla strada della operatività ci permette di farlo E. Morin. Per il filosofo francese, è sempre più urgente «educare gli educatori» al pensiero della complessità del reale e della sua continua trasformazione. Ma è altrettanto urgente prendere atto che siamo tutti chiamati a muoverci in un orizzonte di precarietà, di transitorietà e di aleatorietà. Condizioni che rendono sempre meno agevole il processo di formazione identitaria della persona e impongono la ridefinizione della missione educativa, che è quella di insegnare a vivere preparando menti che siano non tanto piene di conoscenze, quanto in grado di porre e trattare problemi globali, grazie a criteri pedagogici adatti a studiare la complessità che li governa.
Una complessità che, nel suo versante negativo, contribuisce a destrutturare le forme classiche di consuetudini relazionali e comunicative attraverso la moltiplicazione esponenziale di stimoli esterni, automatici e spersonalizzati. Una complessità che, accanto alla lacerazione del tessuto sociale, ha accentuato la deriva che porta a declinare i diritti umani come diritti individuali.
È la vera sfida per l’educazione oggi. Non cercare, attraverso la semplificazione, vie di fuga dalla complessità della vita. Si tratta piuttosto di investire energie per una educazione alla relazione e della relazione; quella che permette di cogliere la bellezza di coltivare emozioni e di sviluppare un pensiero critico che abilita a vivere, trasmettere e comunicare in modo credibile ed efficace ragioni per vivere, stupore per il creato e passione per l’ignoto.
Uno degli aspetti più preoccupanti dell’emergenza educativa odierna è, dal punto di vista antropologico, la distanza tra la domanda di ragioni per vivere e le risposte che a questa domanda vengono fornite. Non sempre domande reali trovano riscontro in risposte sensate, frutto di conoscenze aperte e flessibili, cresciute sul terreno di una positiva multiversitas, che riconosce e fa suoi strumenti culturali costantemente attenti allo sviluppo umano e sociale.