Rubrica de Il Sole 24ore “Abitare le parole”
Se è vero per gran parte delle parole del nostro vocabolario, sembra esserlo ancora di più per il lemma diversità. Il suo significato dipende fortemente dal contesto nel quale è inserito. A renderne, poi, più problematica una corretta comprensione contribuisce la superficialità con la quale si decreta la sinonimia tra diversità e differenza. A dispetto della derivazione etimologica che ritiene ingiustificata ogni interscambiabilità tra i due termini.
Come già documentato in questa stessa rubrica, scrivendo della parola “differenza”, la parola diversità deriva dal verbo dīvertĕre, composto da vertĕre (volgere) e dis (altrove), col significato di dirigersi verso un’altra parte, cambiare direzione, separare. Il diverso finisce così per essere chi si allontana dalla norma o dal modo comune di essere o di pensare. Non necessariamente in senso negativo.
Differenza deriva invece dal verbo greco φέρω (fĕro) col significato di portare, preceduto dal prefisso verbale dis (qua e là). Sicché διαφέρω (diafero) e il latino diffĕro indicano l’atto di portare qualcosa in varie direzioni o verso qualcuno. La parola differenza non evoca, di per sé, né separazione né mancanza.
Non basta purtroppo partire dalla etimologia delle due parole per ridurre il tasso di confusione che si riscontra nell’uso della parola diversità.
Diversità è quella che si constata osservando due o più realtà tra loro uguali. Gli uguali – ad esempio, un gruppo di persone – sono diversi per definizione. Si è diversi per età, sesso, altezza, colore della pelle, cultura ecc.
La diversità è pertanto un termine descrittivo. Affermarla, dopo averla rilevata, non può mai costituire giudizio. Il giudizio è sempre frutto dell’atteggiamento culturale e della sensibilità con i quali si guarda alla diversità. Atteggiamento culturale e sensibilità possono tradursi in scelte di accoglienza o di netto rifiuto delle diversità. Quando, a partire dalle diversità si avviano positivi processi di integrazione, queste rappresentano altrettanti valori che provocano arricchimento reciproco.
Ma, constatare l’esistenza di diversità può anche giustificare o spingere a stabilire delle differenze. Per esempio, di considerazione, di salario, di trattamento. Soprattutto quando – presi da reale o presunta paura per ciò o per chi è diverso – si ingaggiano vere e proprie battaglie a difesa di un malinteso e ottuso senso della identità. Per cui, tutto ciò che non entra nei miei schemi, danneggia e corrompe.
Le diversità esistono, le differenze si creano.
Accogliere le diversità, valorizzandole, allontana ogni mortificante omogeneizzazione; e apre la strada a nuove opportunità di crescita.