Declino

Rubrica de Il Sole 24ore “Abitare le parole”

Declino è una delle parole cariche di valenza metaforica, che ha trovato e continua a trovare spazio sia nell’analisi di periodi storici sia nella lettura dell’evolversi del nostro organismo e del suo ciclo vitale.
Si parla infatti del declino di imperi, lungo la storia; ma si è costretti a prendere atto anche del declino di personaggi che sembravano non dover conoscere parabole discendenti. Di declino fisico, poi, si parla in riferimento al graduale venir meno di energie fisiche. Non meno preoccupante è però il declino personale e comunitario cui si va incontro accettando in maniera acritica e rinunciataria atteggiamenti e decisioni altrui che inibiscono la nostra vitalità e limitano la ricerca di nuove prospettive. Anche questo è declino, cioè graduale trasformazione in peggio di una situazione ritenuta, in precedenza, positiva. Sempre meno raro è dover inoltre registrare la negativa e graduale trasformazione in peggio di un valore o di un insieme di valori, frutto del logoramento dei fili di responsabilità e di reciprocità che li tenevano insieme.
Chi descrive, in verità in chiave esclusivamente pessimistica, la coscienza dello stato di declino personale è il poeta Massimiano. Nella prima delle sue Elegie, le cause del declino spingono il senex a un confronto ossessivo tra un passato pieno di vita e un presente, considerato anticamera della morte: “Non sono chi fui; perì di noi la più gran parte; anche ciò che sopravvive è preda di tremito e languor: la luce del giorno, assai gradita nella gioia, ora intollerabile nel dolore e, cosa peggiore di ogni morte, il voler morire (1, 5-8).
Sono i sentimenti che accompagnano il declino di chi è consapevole che sta andando gradualmente fuori tempo massimo e per il quale diminuiscono sempre di più le possibilità di mettersi in gioco. Prenderne atto però non vuol dire scegliere l’isolamento e consegnarsi, quasi prigionieri, all’immane stanchezza che caratterizza il presente di una realtà in declino. L’alternativa, insomma, non è consegnarsi mani e piedi alla “sindrome del declino”. Da questa prigione si può uscire, rinunciando innanzitutto a un atteggiamento asfittico nei confronti della vita e riduzionistico nei confronti delle aspirazioni. Non è affatto vero che progetti e aspirazioni hanno tutte una data di scadenza. Una prova ci è stata offerta nei mesi scorsi, dagli atleti paralimpici. Incomprensibile è la stupidità con la quale li si considera meno meritevoli di altri, anche sul piano remunerativo. La sindrome del declino resterà una malattia invalidante per i singoli e per la società finché non si imparerà a guardare con occhi diversi la realtà.
Declino

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