Rubrica de “Il Sole 24ore” Abitare le parole / Coraggio – L’etimologia della parola coraggio rimanda sia al provenzale coratge sia al latino volgare corat cum, aggettivo di coratum, forma popolare di cor (cuore). C’è anche chi riconduce l’etimologia di coraggio a cor (cuore) habere (avere) o cor agere (agire col cuore). In ogni caso, al centro resta il riferimento al cuore. Sicché avere coraggio significa letteralmente avere cuore.
Possedere cioè la forza d’animo, la volontà necessaria e la conseguente capacità di affrontare situazioni pericolose, difficili, penose o imprevedibili. Avere coraggio, comunque, non equivale ad avere un cuore… qualsiasi. La persona coraggiosa ha un cuore energico, forte, determinato che diventa elemento propulsore di gesti, scelte e progetti pieni di vita, capaci di percorrere strade nuove e, per questo, coraggiosi. La persona coraggiosa provoca ammirazione, spesso catalizza attenzione, coinvolge e trascina. Talvolta può anche indispettire e frustrare la voglia di agire degli altri. Importante è – esercizio difficile ed impegnativo – coltivare il “cuore pieno” contemperandone le spinte per indicare percorsi inediti più che per far sentire il peso specifico delle proprie parole e dei propri gesti.
Il coraggio non sopporta l’improvvisazione. Il coraggioso vero sa attendere pazientemente prima di intervenire, soprattutto in situazioni di fragilità personali o sociali. Non ricerca necessariamente il gesto eroico. Può anche fare esperienza della paura, rendendo vere le parole di don Peppe Diana: «Non c’è bisogno di essere eroi, basterebbe ritrovare il coraggio di aver paura, il coraggio di fare delle scelte, di denunciare». Ecco l’essenza del coraggio: fare delle scelte senza cedere alla paura, denunciare prevedendo di dover pagare un prezzo, impegnarsi pur in presenza o soprattutto in presenza di opinioni o modi di vivere appiattiti sul compromesso e sul tornaconto. «quando avrai qualche incertezza, sarà il coraggio a decidere» (A. Bocelli).
Il contrario del coraggio è il timore, se è vero l’invito che il profeta Isaia (35,4) rivolge al popolo di Israele provato dalla fatica: «Dite agli smarriti di cuore: Coraggio, non temete!». Un cuore timoroso e sfiduciato più che di parole ha bisogno dell’ascolto rispettoso e della pazienza di chi ha un cuore pieno.
La parola coraggio può essere utilizzata anche con valore che i tecnici chiamano “antifrasico”, dove il coraggio fa rima con “sfacciataggine” o “viltà”. Chi non conosce frasi del tipo: «Dopo quello che ha fatto… ha il coraggio di pretendere delle scuse»; «che coraggio trattare così un vecchio!»?
C’è un solo modo per tenere distinti nella vita il coraggio dal suo valore antifrasico: bandire le tante parole che giustificano e alimentano alibi o pretese inconsistenti e nutrirsi di speranza. Quella coraggiosa capace di rimette in strada; semmai sulla stessa strada che avevo deciso di abbandonare quando tutto sembrava ormai finito.