Rubrica de “Il Sole 24ore” Abitare le parole / Concordia – La parola italiana e latina concordia deriva, nel suo significato, da concors (cum “con” e cor “cuore”). Essa – attraverso il riferimento al cuore – certifica la conformità/corrispondenza profonda di voleri e di sentimenti e di obiettivi tra realtà, situazioni e soprattutto persone, nelle loro scelte e nei loro progetti. Dante, con straordinaria efficacia, mette sulla bocca di san Tommaso parole che descrivono il senso ma anche il contagio che si accompagnano alla parola concordia.
L’Aquinate si riferisce a due amanti speciali: san Francesco e la Povertà: «La lor concordia e i lor lieti sembianti, amore e maraviglia e dolce sguardo facieno esser cagion di pensier santi» (Dante, Paradiso XI, 76-78).
Qui la concordia è identificazione e non uno star semplicemente vicino e andare d’accordo. È appunto corrispondenza che permette ai pensieri, alle emozioni, alle abitudini, anche ai difetti – delle persone concordi – di intrecciarsi fino a non potersi più separare.
La dea Concordia nella mitologia romana (corrispondente ad Armonia nella mitologia greca) viene rappresentata come donna seduta tra due uomini nel gesto di agevolarne la stretta di mano. È un’icona che incarna al meglio il significato e il dinamismo di questa parola, ma – senza ignorare il ruolo dell’incolpevole Briseide nell’Iliade – anche una splendida visione della missione della donna. Alcuni studiosi sostengono che la denominazione Tempio della Concordia, nella Valle dei templi di Agrigento, oltre a derivare da un’incisione trovata tra i resti del tempio, debba attribuirsi all’armoniosa, raffinata e lineare soluzione architettonica al problema del “conflitto angolare”; un problema di allineamento tra triglifi e colonne presente in altri templi greci. La leggenda fa risalire a questa rara perfezione la salvezza del tempio dall’abbandono e dalla distruzione, enunciando di fatto un teorema secondo il quale, non solo la concordia porterebbe a soluzioni armoniose anche se molto difficili ma, preservando dall’abbandono e dalla distruzione, la concordia sia assimilabile anche alla perfezione.
La concordia, conservando il suo significato, diventa “concordanza” quando la si applica a una lingua, scritta o parlata. Senza le norme che regolano le parti di un discorso (articolo, nome, aggettivo, pronome, verbo) rendendolo armonioso e comprensibile, non ci si capirebbe. La singola parola pronunziata o il singolo strumento che suona rendono certamente meno di quanto rendono insieme ad altre parole e ad altri strumenti. Insieme esprimono significati più completi e costruiscono armonie più ricche. Con meno possibilità di equivoci, come sosteneva Shakespeare: «Colui che non può contare su alcuna musica dentro di sé, e non si lascia intenerire dall’armonia concorde di suoni dolcemente modulati, è pronto al tradimento, agli inganni e alla rapina: i moti dell’animo suo sono oscuri come la notte, e i suoi affetti tenebrosi come l’Erebo».