Rubrica de “Il Sole 24ore” Abitare le parole / Competenza – «Chi attribuisce alla crisi i propri fallimenti e disagi, inibisce il proprio talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi è l’incompetenza», afferma Albert Einstein.
Dal verbo latino cum-petere (cercare insieme, mirare a un medesimo obiettivo, gareggiare), la competenza indica la capacità degli individui di combinare i diversi elementi delle conoscenze (notizie, fatti, teorie, principi) e delle abilità personali per il raggiungimento di un risultato.
Il competente è una persona che «se ne intende», nel senso dell’essere entrato in un argomento in maniera tale da poterlo capire e maneggiare in maniera consapevole e “competente”, appunto. Il competente è tale solo se nel processo di trasferimento e di utilizzo delle conoscenze tiene conto del contesto e agisce in maniera autonoma, quasi spontanea. La competenza è quindi il risultato dell’incontro tra le nostre conoscenze e le nostre abilità. Insieme esse ci permettono di raggiungere un risultato.
Quante volte non riusciamo proprio a farcela! A volte per mancanza di capacità, ma molto più spesso per mancanza di conoscenze e quindi per mancanza di cultura perché «lo studio è il padre della competenza» (S. de Bignicourt).
La competenza non si improvvisa e non si può inventare. Il competente trasforma la conoscenza in cognizione, padronanza ed esercizio; e le abilità in perizia e capacità. Le abilità senza conoscenze difficilmente si trasformano in competenza. In tutti i campi. «In politica – scrive Platone – presumiamo che tutti coloro i quali sanno conquistarsi i voti, sappiano anche amministrare uno Stato o una città. Quando siamo ammalati chiamiamo un medico provetto, che dia garanzia di una preparazione specifica e di competenza tecnica. Non ci fidiamo del medico più bello o più eloquente» (La Repubblica).
Nel mondo della scuola o dell’Università sempre più spesso si parla di competenze trasversali (soft skills) introducendo, ad esempio, la didattica per competenze piuttosto che quella del trasferimento dei saperi. Con la speranza di passare dalla formazione di “teste piene” a quella di “teste che funzionano”. Forse è un bene, forse è inevitabile, visto il livello di complessità degli ambiti lavorativi e relazionali in cui siamo immersi.
A me piace però la definizione più ampia di competenza fornita da Guy Le Boterf: «Un insieme riconosciuto e provato, delle rappresentazioni, conoscenze, capacità e comportamenti mobilizzati e combinati in maniera pertinente in un contesto dato». Rappresentazioni, conoscenze, capacità e comportamenti possono essere riassunti col termine “risorse”. La persona competente, che usa le proprie risorse per gestire o affrontare in maniera efficace le situazioni, è una persona affidabile, stimata e riconosciuta fino a diventare essa stessa una risorsa indispensabile.