Rubrica de “Il Sole 24ore” Abitare le parole / Collega –
In modo appropriato e senza incertezze, si ricorre alla parola “collega” per indicare la persona che condivide assieme a noi il lavoro o una carica. Dal verbo latino colligere (riunire, mettere insieme), il lemma “collega” rimanda al legame che si instaura tra due o più persone per il raggiungimento di un obiettivo comune.
La condivisione di una responsabilità o di un percorso o la semplice condivisione di azioni necessarie crea il legame. Un legame che genera (o può generare) la solidarietà fra “colleghi”, la voglia di dare consistenza al rapporto trasformandolo in amicizia o in piena condivisione. Con l’avvertenza che «Ritrovarsi insieme è un inizio, restare insieme è un progresso, ma riuscire a lavorare insieme è un successo» (Henry Ford). A proposito e senza voler assolutizzare, si dice che negli Stati Uniti il lavoro di gruppo sia orientato ad aumentare la produttività; mentre in Giappone, senza escludere il tema della produttività, si vede nell’attività di gruppo un modo sicuro per incrementare le abilità e le conoscenze delle persone.
Questa diversità di orientamento fa emergere una differenza sostanziale nell’“essere colleghi”. Se nel primo caso il collega agisce con gli altri per massimizzare il profitto, nel secondo, lo stare insieme tende a migliorare tutti e ciascuno. E così il tempo condiviso per il raggiungimento di un obiettivo può diventare tempo “vissuto” insieme, soprattutto se il lavoro fatto insieme diventa occasione per una relazione profonda che permane anche dopo l’esperienza lavorativa.
Ma, quante volte ci siamo sentiti dire che il collega non è l’amico? Il primo, a differenza del secondo, non lo si può scegliere? Avere dei colleghi di lavoro che condividono la stessa visione dell’impegno e della responsabilità, talvolta, è solo frutto di “fortuna”. Tra colleghi – non sempre – sono molto più frequenti atteggiamenti quali: invidia, ipocrisia, invadenza, egoismo, arrivismo. L’ambiente lavorativo presenta occasioni sufficienti per mettersi in mostra, per dubitare dell’operato degli altri, per assumersi meriti inesistenti e negare responsabilità di errori. Per questo, non è scontato che i colleghi possano essere amici! Che ciò non possa essere dato per scontato però non vuol dire che sia impossibile. Soprattutto se si è disponibili a trasformare l’eventuale aggressività derivante da incomprensioni fra colleghi in “energia” positiva per il conseguimento di obiettivi comuni, la competizione in competitività creativa e proficua, l’irritazione dovuta all’invadenza in occasione per concedersi momenti di solitudine e di silenzio fecondi. Premessa perché valga anche per noi quello che suggerisce un proverbio africano: «Se vuoi arrivare primo, corri da solo; se vuoi arrivare lontano, cammina insieme».