Rubrica de Il Sole 24ore “Abitare le parole”
Sarebbe fuorviante, o almeno limitante, restringere all’oratoria o ad alcuni orientamenti filosofici la ricerca di senso della parola chiarezza. Non basta cioè riconoscere, come fa Quintiliano, che «orationis summa virtus est perspicuitas»: ciò che dà grande valore al discorso è la chiarezza, qui nel senso di comprensibilità.
La chiarezza nel parlare non garantisce necessariamente la verità di ciò che si sta dicendo. Accanto infatti alla chiarezza, frutto di parole sensate perché esatte e rispettose della complessità del reale, vi è una chiarezza che è solo figlia di semplificazione. Molto più vicina, questa, alla banalità e alla ovvietà che alla verità. È la chiarezza compiacente e compiaciuta dei semplificatori, che non può essere contrastata né col parlare ermetico né con altrettante semplificazioni.
La chiarezza che serve fa crescere la persona, dà calore alle relazioni e apre nuove prospettive. È esercizio che coinvolge la persona, in tutte le sue dimensioni.
Non sarà mai chiara la persona che non vive in maniera equilibrata, non è disposta a spogliarsi della pretesa di superiorità nei confronti degli altri e non possiede una sufficiente conoscenza di ciò che intende trasmettere, del contesto nel quale opera e del livello di apprendimento e di sensibilità dell’interlocutore. Si capisce allora perché si dice che la chiarezza è la virtù di uomini e donne solidi, maturi, rispettosi, competenti e intellettualmente onesti.
Certo, non si può negare il merito del dibattito che in filosofia si è occupato del concetto di chiarezza, com’è avvenuto da Cartesio a Husserl. Per lo più, qui, la chiarezza è stata vista come la nota di tutto ciò che – idea o conoscenza – presenta i caratteri dell’evidenza razionale. Però «la nozione di chiarezza, per nostra disgrazia, pare essere intrinsecamente e fatalmente oscura» ha scritto il poeta Edoardo Sanguineti. Essa cioè ha bisogno di essere accostata con attenzione e discrezione per coglierne tutta la sua ricchezza. Come ha fatto, ad esempio Blaise Pascal, noto matematico prima di essere l’autore dei Pensieri. Qui la chiarezza non riguarda solo idee, concetti o conoscenze scientifiche. Vi è una parte dell’uomo che reclama la stessa chiarezza delle idee e delle conoscenze dell’uomo. È il vasto e profondo campo dell’esprit de finesse (ed. Brunschvicg, I, 282); è tutto ciò che nell’uomo va oltre la ragione e oltre le realtà misurabili.
Non basta avere idee chiare e distinte per essere sicuri di vivere in maniera piena e riuscita. Come non basta raggiungere la conoscenza esatta delle realtà oggetto delle scienze. La chiarezza interessa anche il cuore, le emozioni e tutto ciò che riguarda l’esistenza della persona. Le stesse idee chiare e distinte non saranno mai del tutto tali se non coltivate da uomini e donne disponibili a “contaminarle” con l’esprit de finesse, cioè col mondo della interiorità. Quel mondo che costituisce il grembo nel quale maturano consapevolezza, decisione e, talvolta, anche la capacità di rimettersi in cammino dopo che si è fatta l’amara esperienza della caduta.