Rubrica de Il Sole 24ore “Abitare le parole”
L’uso incongruo della parola avvenimento come sinonimo di evento ne ha decretato un impoverimento, o almeno un fraintendimento semantico. L’Ereignis (evento) – parola guida nella Lettera sull’«umanismo» del filosofo tedesco M. Heidegger – ha caratteristiche diverse dall’avvenimento.
L’evento non ha necessariamente la pretesa di durare nel tempo per i suoi effetti. È come un lampo, affermava il teologo protestante Barth: «accade», può toccare la vita, illuminare, ma subito sparisce. L’avvenimento invece si caratterizza per avere in sé tutti gli aspetti per incidere in profondità nella storia di chi l’ha atteso e vissuto, rendendosene attivamente partecipe.
Proprio per questo, a differenza dell’evento, l’avvenimento si configura come «incontro», nel senso inteso dal filosofo tedesco R. Guardini: c’è incontro «quando fiorisce qualcosa che per l’uomo è pieno di significato». Di qui «ad-venimento»: una persona ha accolto qualcuno o qualcosa nel suo sguardo interiore e nella sua storia; se ne è lasciata colpire per la peculiarità e ha preso posizione, con scelte consapevoli e con un agire responsabile (cfr. Persona e libertà).
Un evento diventa avvenimento solo quando è in grado di sprigionare una forza che contagia e provoca un’emozione che conquista, allungando la sua luce o la sua ombra in maniera duratura nella storia personale o collettiva. L’avvenimento è esperienza «non-prevedibile, non-prevista, non-conseguenza di fattori antecedenti» (Ch. Péguy). Lo si attribuisce all’incontro sorprendente che, per sua natura, va oltre le attese e supera ogni domanda.
La conferma del campo semantico nel quale si muove la parola avvenimento, ci viene offerta dall’equivalente della lingua latina, adventus, la cui radice significa venire accanto, farsi vicino, arrivare, e dal più intenso greco parusia che significa «presenza, venuta».
Non è un caso se la tradizione cattolica chiama Avvento non solo il tempo che precede il Natale (la celebrazione della prima venuta di Cristo), ma anche l’attesa della seconda venuta di Cristo, la Parusia. In entrambi i casi, la parola Avvento evoca l’attesa operosa di un ad-venimento destinato a segnare la storia, personale o comunitaria. Infatti la vita, le parole e i progetti si caricano di nuovo significato nella misura in cui si creano, come ricordava Guardini, le condizioni perché l’avvenimento si presenti sotto l’aspetto dell’incontro.
A rendere impossibile la percezione della significatività di un incontro può esserci solo un ostacolo: l’autosufficienza e quindi la mancanza di disponibilità ad accogliere quanto può dare un senso nuovo all’esistenza, semmai distruggendo abitudini e rompendo schemi.