Zc 9,9-10; Rm 8,9.11-13; Mt 11,25-30
Nel giorno in cui la Chiesa fa memoria di S. Caterina da Siena – significativa figura di santità in un medioevo pieno di luce e di ombre che ancora oggi parla a noi per la sua totale dedizione a Dio e per il suo amore alla Chiesa – la liturgia offre alla nostra riflessione questo breve brano del Vangelo definito a ragione da Joseph Lagrange – fondatore dell’Ecole biblique di Gerusalemme – «la perla più preziosa del vangelo di Matteo».
Il brano si apre con una preghiera di Gesù: «Ti rendo lode, o Padre». Per certi versi e secondo la mentalità corrente al tempo di Gesù … una preghiera inusuale, la sua! Gesù infatti rende lode al Padre dopo un insuccesso pastorale in tre città della Galilea, che all’inizio si erano interessate alla sua predicazione.
Il p. Lagrange fa notare che, con questa preghiera, Gesù rompe una barriera dominante nel mondo delle religioni: quella che distingue in maniera categorica il sacro dal profano. Nella sua preghiera filiale Gesù fa entrare tutta la sua esperienza umana fatta, in questo caso, di sconfitta. La porta davanti al Padre, la mette nelle sue mani.
E poi, Gesù prosegue: “Ti rendo lode, Padre, perché queste cose le hai rivelate ai piccoli”; le hai fatto conoscere agli ultimi della fila, che sono i preferiti di Dio.
Sì, perché Dio non si lascia incontrare dagli spiriti sazi. Sazi di testa ma digiuni di cuore.
Dio è inaccessibile a chi rinunzia a percorrere strade nuove e impreviste.
Dio è inaccessibile a chi non è disposto a uscire da schemi securizzanti e non è disponibile a prendere le distanze dal “si è sempre fatto così!”.
«Ti rendo lode, Padre, perché queste cose le hai rivelate ai piccoli».
Sì, Dio doveva per forza scegliere i piccoli per rivelarsi. Gli intelligenti lo avrebbero vivisezionato nelle loro aule di teologia, nei loro interminabili incontri di formazione o di programmazione. Ne avrebbero alterato le sembianze pur di far tornare i loro conti.
É la tentazione dello gnosticismo di cui parla Papa Francesco. Gnosticismo «che porta a confidare nel ragionamento logico e chiaro, il quale però perde la tenerezza della carne del fratello. Il fascino dello gnosticismo è quello di “una fede rinchiusa nel soggettivismo, dove interessa unicamente una determinata esperienza o una serie di ragionamenti e conoscenze che si ritiene possano confortare e illuminare, ma dove il soggetto in definitiva rimane chiuso nell’immanenza della sua propria ragione o dei suoi sentimenti» (EG 94)» .
Il Vangelo continua (vv. 28-29) abbozzando un vero e proprio itinerario di sequela, di discepolo. «Venite a me, voi tutti, che siete stanchi e oppressi, – dice Gesù – e io vi darò ristoro».
Gesù non viene, con obblighi e divieti ma porta una promessa: il Regno di Dio è iniziato, ed è pace e gioia nello Spirito (Rm 14 ,17 ). E se ci lasciamo riempire dalla sua pace, la nostra vita diventa, come scrive papa Francesco nella Evangelii gaudium, «più piena; e con lui è più facile trovare il senso di ogni cosa» (EG 266).
“Imparate da me, che sono mite e umile di cuore”.
Imparate dal mio cuore.
Cristo si impara imparandone il cuore, cioè imparando il suo modo di amare. Alla scuola del cuore di Cristo Gesù si impara la pienezza della vita. Si impara a vivere in maniera riuscita.
La scuola per imparare è la vita stessa di Gesù: uomo senza poteri, libero come il vento, leggero come la luce, dignitoso e alto, che nulla e nessuno ha mai potuto piegare. Nemmeno la subdola e pericolosa opposizione che gli veniva dal mondo religioso del suo tempo. Lo sappiamo! Gesù fa quello che è proibito, fa ciò che rende impuro e scomunica, secondo la legge: tocca il lebbroso, tocca un morto, va a pranzo nella casa di un pubblicano, si ferma a parlare con una samaritana; e che samaritana!
Imparate dal mio modo di amare!
Inizia così il discepolato del cuore! Imparando a compiere gesti poco o per niente convenzionali perché orientati solo a cercare il bene dell’altro, soprattutto se fragile.
Inizia così il discepolato per tutti: bambini e anziani, donne e uomini, preti e religiosi. Per noi che ci sentiamo intelligenti, ma che corriamo il rischio di restare degli analfabeti del cuore e freddi funzionari di regole piuttosto che discepoli impegnati a dire che il Vangelo è vero ed è possibile.
Solo percorrendo la strada di questo discepolato le nostre comunità saranno in grado di generare credenti adulti nella fede, in grado di non sprofondare nell’ansia o di rifugiarsi in sterili risentimenti.
Se i nostri cammini formativi non portano a comunità che sono luoghi stabili di questa maturità, non iniziano a niente. Sapete perché? Perché il Vangelo è una cosa per grandi di cuore. È cosa per uomini e donne pieni di passione.
L’Azione Cattolica è chiamata a formare cristiani adulti e maturi, la cui compiuta coscienza sia anche il frutto di una visione teologica credibile, capace di affrontare il compito delle sfide dell’oggi, fuori dal guscio della convenzione devota o del racconto dogmatico, fuori dal loro ambiguo tepore e dalla loro soffocante prudenza. Insomma, credenti laici, sottratti alla condizione di minorità, ed equipaggiati di una solida coscienza religiosa, perché nel vivo della loro esistenza secolare possano dare al Vangelo una figura pratica e reale, che non sia quella del distacco ipocritamente ‘religioso’ dalle cose del mondo.
«Prendete su di voi il mio giogo. Il mio giogo è dolce e il mio carico leggero». Nel linguaggio biblico il «giogo» indica la legge. Quindi Gesù ci dice: Prendete su di voi la mia legge che è legge di amore. «Prendete su di voi il mio giogo» vuol dire caricate la vostra vita e le vostre relazioni di amore. Un amore che genera, cura, conforta e da ristoro. Un amore che spinge a compiere scelte inedite come inedito è il Vangelo e inedita è la vita di Gesù.
Solo se radicate in questo amore le nostre comunità saranno capaci di fare nuove tutte le cose; attraverso la bellezza di legami autentici, di relazioni umanamente significative in una società segnata da particolarismi, da lobby di potere, da un’economia che ogni giorno di più produce scarti. Oggi c’è tanto bisogno di luoghi in cui si intessono trame di vita associativa forte, significativa, bella. C’è bisogno di case accoglienti, luoghi di rigenerazione, anticipazione di futuro.
Per questo sento di dirvi: apritevi agli altri, costruite alleanze educative, sappiate costruire amicizie forti che sfidano il tempo.
La vostra testimonianza abbia il sapore e l’odore delle quotidiane sfide dell’esistenza; quelle che riguardano l’amore dell’uomo e della donna, la generazione dei figli, la cura dell’educazione dei giovani e della dignità dei vecchi, la coltivazione della saggezza e il discernimento della bellezza, la verità dei sentimenti, la giustizia delle emozioni, la protezione delle fragilità, il senso del lavoro, la capacità di morire, la misura delle parole, la difesa quotidiana della speranza. In ognuna di queste comuni e quotidiane sfide umane la vostra testimonianza può certamente portare la sua luce.
Tutto ciò sarà possibile se saremo capaci ogni giorno di prendere su di noi il “giogo” di Gesù. “Ogni giorno” perché l’amore è come la manna, bisognava raccoglierne tanto quanto bastava per il giorno (Erri De Luca). Così facendo scopriremo che Dio è sorpresa, Dio è novità di vita, Dio è creatività. Quella vera. Quella di cui oggi il nostro mondo – abitato da troppi grigi replicanti – ha bisogno.