«Può una parola essere vuota? Può esistere una parola che non significhi nulla?» si chiede Pavel Florenskij all’ inizio del saggio Stupore e dialettica (Quodlibet) in cui spiega – con l’ intensità e la passione che gli sono proprie – quanto il linguaggio sia una dimensione costitutiva della persona, accompagni l’ apertura al mondo, determini i tempi e le modalità dell’ azione. In questa dinamica la parola è cardine e motore, genera e favorisce relazioni con la realtà e tra gli uomini alimentando la dialettica della conoscenza. Chi trascura il linguaggio resta alla superficie delle cose, scivola nell’ aridità. Al contrario, chi coltiva la parola impara a capire se stesso, è attraversato dallo stupore, avanza nell’ esperienza della saggezza che gli consente di guardare avversità, dolore e morte senza arrendersi alla disperazione. Ciascuno possiede un proprio vocabolario e su di esso occorre lavorare per personalizzarlo dandogli lo spessore della propria voce e del proprio vissuto. ….