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Società

Sono trascorsi poco più di cinquant’anni dalla pubblicazione in Italia de La società aperta e i suoi nemici, di K. Popper. Per uno strano destino toccato allo scritto di Popper, all’iniziale noncuranza dalla quale l’opera fu circondata da parte dell’intellighenzia italiana, fece da contrappunto l’attenzione riservatale, quasi un ventennio dopo, in Russia (1992) e presso le università cinesi.
Come recita il titolo dell’opera del filosofo austriaco naturalizzato britannico, al centro della sua coraggiosa analisi c’è la società e l’efficace distinzione tra due modelli di essa, aperta e chiusa. La prima viene idealizzata. Considerata una realtà viva grazie alla centralità assunta dall’individuo, messo nella condizione di scegliere in maniera libera, autonoma e responsabile. Nella società chiusa, invece, l’uso critico della ragione e le stesse ragioni dell’individuo lascerebbero, secondo Popper, il posto a quelle della collettività.
Oggi, a parte la difficoltà oggettiva a definire in maniera netta la differenza tra i due modelli di società, le attese popperiane di una società aperta sembrano allontanarsi significativamente.
Nel nostro ambiente, sociopolitico e culturale, si sta imponendo una forma di società chiusa, che sviluppa al suo interno vistose forme di protezionismo. Non solo di natura economica. Col risultato paradossale di contrapporre modelli culturali ed esistenziali che avrebbero invece bisogno di evitare pregiudizi paralizzanti. Come quella che mira alla costruzione di una società guidata esclusivamente da forme rassicuranti di razionalità. E, dall’altro lato, una società guidata esclusivamente dalla ricchezza delle emozioni che caratterizzano le persone.
L’impasse può essere superata solo salvando le relazioni dalla polarizzazione tra ragione ed emozioni. Imparando e insegnando a scegliere in maniera consapevole.
Rinunziare alla ragione o educarla a non sentirsi orgogliosamente unica nel compito di orientare sé stessi e la società della quale si è parte?
Rinunziare alla ragione o educarla a non sentirsi menomata se la si invita ad affacciarsi sulle ragioni della affettività, delle emozioni e dell’immaginazione?
Chi, in entrambi i casi, sceglie di seguire la seconda strada non si ritroverà più al bivio tra società aperta o società chiusa. Sarà piuttosto chiamato a trasformare tutto ciò che entra nella definizione di società (persone, ambiente, cultura ecc.) in realtà incapaci di pensarsi al singolare.
Certo, tutto ciò non ci consegnerà subito una società ideale, ma spingerà a desiderarne una che gradualmente le si avvicini.
Molto spesso, desiderare le cose le rende reali.

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