Il tempo di Avvento, che comincia con questa domenica, è tempo di vigile attesa, in cui ci viene chiesto di cogliere questa opportunità che la Chiesa, perché sia tempo con un senso per la nostra vita individuale e per quella della comunità nella quale siamo inseriti. Quest’anno è reso ancora più ricco dall’intuizione di Papa Francesco di avviare il Giubileo della Misericordia.
Vivere ed educarci all’attesa: un invito straordinariamente importante, soprattutto in una cultura come la nostra, dominata dalla fretta, dalla calendarizzazione ossessiva, dall’assurda pretesa di stare sempre e dovunque.
In Avvento non viviamo solo l’attesa del Natale. Veniamo invitati anche e soprattutto a vivere nell’attesa del ritorno glorioso di Gesù, preparandoci all’incontro con Lui con scelte coerenti e coraggiose. Scelte che lasciano il segno.
Ma… perché e sulla base di che cosa dobbiamo vivere l’impegno dell’attesa?
La prima lettura risponde a questa legittima domanda e orienta la nostra attesa, indicandoci anche di quali contenuti essa va riempita.
A un popolo che sta patendo ancora per la durezza dell’esilio e che fa fatica a ritrovarsi come popolo, il Signore, attraverso il profeta Geremia, dice: «Ecco verranno giorni nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto … farò germogliare per Davide un germoglio giusto che eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra ».
Nella storia faticosa del popolo il Signore si inserisce aprendo una via di speranza: Israele, dice il Signore, tu non sei condannato all’esilio perenne. Paolo, da parte sua, nella seconda lettura indica come va coltivata e sostenuta questa speranza: «… il Signore vi faccia crescere sovrabbondare nell’amore fra voi e verso tutti…».
La nostra condizione ‐ anche se per motivi evidentemente diversi ‐ non è tanto differente da quella vissuta dal popolo di Israele. Anzi, la situazione di crisi perdurante fa crescere anche in noi e a dismisura l’attesa di soluzioni positive. Per il credente però questa non riguarda solo la dimensione sociale, politica ed economica, ma è attesa e desiderio di una vita che ‐ come afferma Paolo ‐ «piaccia a Dio….».
A questo deve aspirare il credente; ed è per questo che vuole ancora una volta celebrare il Natale e sentirsi raggiunto dal Signore. Oggi ‐ e in tutto l’Avvento ‐ ci viene detto che una strada nuova si apre anche per noi, ma non senza la nostra partecipazione ed il nostro impegno. Il cristiano è l’uomo dell’attesa, è l’uomo del tempo donato e del tempo vissuto con intensità, ma senza ossessione. Il cristiano – forte della fiducia e della speranza nell’adempimento delle promesse del Signore ‐ è l’uomo che riempie il tempo, il suo tempo, con scelte che non sopportano pigrizia e con la preghiera che affina i sentimenti ed illumina di senso le sue giornate.