Giustizia

Rubrica de Il Sole 24ore “Abitare le parole”

La prima vittima dei sistemi autoritari è la giustizia. Sia intesa come virtù sociale sia nel suo significato di azione giuridica.
Intesa come virtù sociale, la parola giustizia («agire secondo giustizia») rimanda all’insieme delle scelte che ispirano buone pratiche e iniziative miranti al bene comune; attraverso adeguati programmi politici e riforme riguardanti l’economia e la società in genere.
L’azione giuridica («fare giustizia»), quando la cattiva politica non la trasforma in un apparato kafkiano, è lo strumento di cui una comunità dispone, a garanzia dei diritti e dei doveri dei singoli cittadini e della intera comunità.
Sono proprio queste sue precipue funzioni a dare centralità alla giustizia nella vita democratica, sempre più bisognosa di una giustizia rapida ma non sbrigativa, rispettosa di ogni persona, «diritto sussistente» (Rosmini), quale che sia la sua condizione. Come raccomanda, in maniera lapidaria, il biblico libro del Levitico: «Non tratterai con parzialità il povero né userai preferenze verso il potente; ma giudicherai il tuo prossimo con giustizia» (19,15).
Col loro articolato vocabolario, i Greci chiamano dikaiosyne la giustizia e dikaios, il giusto. Pur non divergendo semanticamente in maniera significativa, sono due le tradizioni presenti in ambito filologico. Secondo una prima tradizione, i due termini derivano da Δίκη (dike) che – nella mitologia, col nome anche di Astrea, è custode delle leggi e protettrice dei tribunali – significa letteralmente «colei che indica/indirizza». Da qui la giustizia intesa come insieme di direttive, indicazioni e ordini.
L’altra tradizione filologica fa derivare i due termini (dikaiosyne e dikaios) dal verbo Δĭκεĩν (dikein), col significato di colpire/gettare e, in senso lato, «emanare una sentenza». In questo secondo caso, la giustizia prende il significato di «decisione/ giudizio».
Δίκη, proprio perché è “colei che indica” ha il compito di accompagnare lo sviluppo ordinato dell’esistenza del dikaios (il giusto) e di regolare le sue relazioni. Ancora di più, e per rimanere nell’ambito della cultura classica, la giustizia è la strada che permette all’uomo di non cadere, lui e quanti vivono con lui, vittime della Bía (violenza e potenza distruttrice) e della hybris; vittime cioè dell’arroganza che porta all’inciviltà e alla vita disordinata.
E, a quanti sono tentati di opporre Carità e Giustizia, va ricordato che «la vera Carità ha sete di giustizia. Così, come la persona che ama è alla ricerca di gesti che esprimeranno il suo amore ad ogni istante […], l’amore di Carità è avido di realizzazione, di atti visibili, di presenza effettiva» (E. Mounier, I cristiani e la pace).

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