Rubrica de Il Sole 24ore “Abitare le parole”
Sono tanti gli ambiti nei quali viene impiegata la parola ordine: dal latino ordo, linea, successione. In tutti con un significato comunque riconducibile al tentativo di disporre in maniera metodica cose, idee, persone e situazioni in base a determinate esigenze. Sono proprio queste ultime a definire la bontà o il carattere negativo dell’ordine desiderato o da perseguire. Come non ricordare, a questo proposito, l’ironia del cinico «l’ordre règne à Varsavie»? In quel 16 settembre 1831, alla Camera francese venne chiamato «ordine» ristabilito l’azione con la quale l’autocrazia zarista aveva soffocato nel sangue l’aspirazione alla libertà della Polonia.
Non è certo questo l’ordine che le diverse culture riconoscono come valore positivo fin dall’antichità, dalla mitologia greca alle cosmogonie egiziana, cinese e indiana. In tutte, con sfumature diverse, è affermata una sorta di complementarità tra Ordine e Caos. Il culmine di questa concezione lo si incontra nella Teogonia di Esiodo: «In primissimo luogo fu Chaos, subito dopo fu Gaia dall’ampio petto, sempre sede sicura di tutti gli Immortali» (vv. 116-118). I commentatori del poeta greco convergono nel riconoscere a Esiodo il merito di aver definitivamente superato l’opposizione tra disordine e ordine. Questi, pur essendo realtà diverse, sono facce di una medesima medaglia. Nel senso che tutta la realtà regge su un equilibrio dinamico tra ordine e disordine; capace di aprire la strada a manifestazioni sorprendenti, di misteriosa e raffinata complessità.
Ciò è vero per la Natura, con i suoi affascinanti scenari caotici, ma è vero anche per l’esistenza personale e di relazione. È un’illusione pensare di raggiungere per sempre un ordine interiore, di emozioni o di pensiero; come ingenuo è sorprendersi di fronte a ciò che dentro di noi tende a rompere equilibri faticosamente raggiunti. È ingannevole l’ordine che nasconde la fatica di dover fare i conti, prima o poi, con la propria debolezza. Come ingannevole è l’immagine di un Dio impegnato nel mantenimento del supremo ordine universale e incapace di mettersi in strada con quanti, nella vita privata e in quella pubblica, sono perennemente alla ricerca di un equilibrio dinamico tra ordine e disordine. Dal loro cuore s’innalza a fatica l’incenso della salmodia, mentre più frequenti sono preghiere per nulla compassate, profondamente lacerate, ma totalmente aperte alla speranza.
È l’ordine vigile nel quale sono chiamati a spendere la loro esistenza tutti coloro che devono «continuamente lottare per non credere a quelle illusioni che presentano la solidità di una credenza mitologica» (E. Morin, Sette lezioni sul pensiero globale, Cortina, p. 114).