Rubrica de Il Sole 24ore “Abitare le parole”
Il campo semantico della parola semplicità ospita molteplici significati. Non è solo sinonimo di «facilmente intuibile» e «privo di complicazioni». Semplice si dice anche di una persona umile o trasparente, modesta o sobria. Spesso viene considerato semplice chi appare ingenuo e senza malizia. Addirittura, nel linguaggio comune, viene etichettato come semplice chi presenta tratti dimessi o al limite della dabbenaggine.
Il sostantivo semplicità e l’aggettivo semplice rimandano al latino sem (abbreviazione di semel – una sola volta) e alla radice plek, presente nel verbo plectĕre (allacciare, piegare). Ma c’è anche chi li fa derivare da sin (che sta per sine – senza) e plectĕre. Nel primo caso, è semplice ciò che è piegato una sola volta; nel secondo, è semplice tutto ciò che è senza alcuna piega.
In entrambi i casi, la semplicità si contrappone, senza esserle nemica, alla complessità che caratterizza sempre più le nostre relazioni e gli ambienti nei quali spendiamo la nostra esistenza.
La semplicità si esprime attraverso parole, gesti e atteggiamenti sobri, trasparenti ed eleganti. Gli unici che – quando non scadono in semplificazione riduttiva e vuota banalità – permettono di affrontare con dignità le sfide della complessità. Non certo di quella, purtroppo invincibile, frutto del pressapochismo di tuttologi compiaciuti. Parliamo invece della complessità umana, risultante, come insegna E. Morin, dall’incontro liberante in ciascuno di noi tra homo sapiens, faber, œconomicus, demens, ludens, mytologicus. Questa complessità può essere attraversata in maniera positiva solo da chi vive la semplicità come conquista e progressivo esercizio di liberazione dall’avvolgente edera che soffoca pensieri, emozioni e sogni possibili. Semplicità, insomma, intesa come una sfida tutta da giocare. Ascoltando se stessi e gli altri; lavorando per liberarsi dall’apparenza, dal conformismo, dall’ambizione, dall’avidità e dalle maschere indossate a seconda delle convenienze.
In quanto tale, l’impegno a rivestirsi di semplicità non può riguardare solo le realtà esterne a noi. L’edera che avvolge e soffoca pensieri, emozioni e relazioni affonda le sue radici dentro ognuno di noi e negli equivoci dei quali spesso ci nutriamo. Equivoci che allontanano dalla semplicità, perché, come scrive la poetessa A. Merini, «la semplicità è mettersi nudi davanti agli altri […]. Non ci esponiamo mai //. Perché ci manca la forza di essere uomini //, quella che ci fa accettare i nostri limiti //, che ce li fa comprendere, dandogli senso e trasformandoli in energia //, in forza appunto //. Io amo la semplicità che si accompagna con l’umiltà».