Rubrica de Il Sole 24ore “Abitare le parole”
Espiazione. Parola che già nel suo contesto originario, quello religioso-cultuale, presenta significati non facilmente sovrapponibili. Noi contemporanei, poi, riusciamo con fatica a far emergere chiaramente la realtà che la Bibbia – prima e a differenza del successivo diritto penale – ha voluto significare con la parola espiazione.
Liberarla da sopraggiunte contaminazioni sottrae, tra l’altro, l’intera vicenda di Gesù di Nazaret alla imbarazzante concezione di un Dio che ha bisogno della passione e morte del Figlio per placare la sua ira per i peccati degli uomini. Se così fosse, saremmo in pieno paganesimo. Della peggiore forma, perché costringerebbe la relazione tra Dio e l’uomo in una logica compensativa, basata sul rapporto tra debitore e creditore; e legherebbe fortemente il tema dell’espiazione a quello di soddisfazione, di matrice giuridica.
L’espiazione, esigita da certa teologia per soddisfare una colpa, ha scandalizzato perfino F. Nietzsche: «Ah, come d’un colpo l’evangelo fu finito! – si legge ne L’Anticristo – Il sacrificio espiatorio e questo sotto la forma più ripugnante, la più barbara, il sacrificio dell’innocente per gli errori dei peccatori, che spaventoso paganesimo!» (Adelphi, Milano 1978, p. 54).
Con buona pace del filosofo tedesco, le cose però non stanno proprio così. Nella Lettera ai Romani (3, 25), Paolo afferma che soggetto dell’espiazione non è l’uomo che cerca di propiziarsi Dio. È Dio che espia. Coerentemente con la derivazione etimologica della parola espiazione – dal latino expiare, composto dalla particella intensiva ex e dal verbo piare (rendere pio/puro) – è Dio che compie questa azione, offrendo gratuitamente il suo perdono.
L’uomo viene così liberato dal sentirsi solo e perennemente in debito. È educato ad accogliere quanto di bello – in questo caso il perdono – può venirgli donato dall’esterno. Rendendosi comunque protagonista di una sfida: riconoscere il male fatto e spendersi per ricostruire l’armonia infranta con la sua colpa. Lontano da una logica esclusivamente compensativa, che isterilisce ogni relazione. Chiamato a percorrere una strada diversa da quella intrapresa dallo studente idealista Raskòl’nikov, protagonista di Delitto e castigo, e dalla giovanissima Briony, protagonista, a sua volta, del romanzo di I. McEwan, che ha poi ispirato il film Espiazione del regista J. Wright. Entrambi, dopo aver ucciso un’usuraia, il primo, e fatto condannare un innocente, la seconda, vivono il resto della loro vita in una drammatica tensione tra Colpa ed espiazione, titolo col quale fino al 1869 era conosciuto in Italia il capolavoro di Dostoevskij.