Castità

Rubrica de Il Sole 24ore “Abitare le parole”

Sembra proprio che non basti un accurato scavo etimologico per liberare la parola castità dall’ironia supponente di chi la vede come residuo di vecchi manuali di morale. E sembra che non basti neppure per mettere questa parola al riparo dall’uso improprio che ne fa chi la invoca come panacea di sicuro effetto contro un vero o presunto pansessualismo o come argine invalicabile contro la logica dell’immediato e del consumo.
La parola castità è molto di più. E l’ambito in cui va collocata la realtà che essa evoca non è solo quello dell’etica. La parola castità recupera il suo senso di virtù morale e di valore personale e sociale solo nel quadro di una corretta riflessione antropologica. Se questa manca, la parola castità viene esposta a fraintendimenti, fino a ridurla a virtù negativa, contrassegnata solo da proibizioni e divieti. Invece di vederla come lo spazio nel quale si può amare senza strumentalizzare e senza perdere nessuna delle sfumature della tenerezza umana.
Tutte le tradizioni religiose riservano particolare attenzione alla castità. Se alcune la considerano una pratica necessaria per entrare in rapporto con il mondo del sacro, per altre è una virtù sociale, con implicazioni che vanno ben oltre, senza escluderla, la sfera dell’astinenza sessuale. L’orizzonte antropologico ci dice che essa non nasce dal rifiuto dell’altro/a. Casto non è chi non ama, non desidera, non si interessa. Lo è invece chi, affrancatosi dalla patologia della esclusività, investe le proprie energie affettive e relazionali, in tutte le sue forme, nella ricerca continua di un equilibrio psicofisico e interiore, proprio e altrui. Vigilando, anche attraverso disciplina e rinunzie, perché l’incontro, in tutti gli ambiti della vita, non si trasformi in possesso predatorio e ogni relazione sia sempre segnata dal rispetto dell’altro/a, mai ridotto/a a oggetto interscambiabile.
Per questo l’esercizio della castità non può essere ridotto a una pur saggia precettistica, anticamera di un martirio senza gloria. «Fermandosi solo alla logica del sacrificio, invece di farsi segno della bellezza e della gioia dell’amore, la castità rischia di esprimere infelicità, tristezza e frustrazione» (papa Francesco).
Senza prescindere dal realismo imposto da prove costanti e difficoltà ricorrenti, piuttosto che costituire alibi per alimentare la diffidenza nel coltivare relazioni, la castità è «il presupposto per pensieri chiari e alti» (D. Bonhoeffer), e quindi per incontri vissuti all’insegna del rispetto e della fecondità. Perché la castità non è anemia dell’amore, è «sapienza integrale» (P.A. Florenskij), da ricercare sempre.

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