Famiglia

Rubrica de Il Sole 24ore “Abitare le parole”

Il Preambolo alla Convenzione Internazionale dei Diritti dell’Infanzia assegna alla parola famiglia e alla realtà cui essa fa riferimento un significato e un compito, coerenti con il suo contesto. Famiglia è “ambiente naturale per la crescita e il benessere di tutti i suoi membri, e in particolare dei fanciulli”. Un sistema di relazioni quindi che, per mantenere il suo senso, è chiamato a rigenerarsi e a rilegittimarsi nel tempo, tenendo ferma la centralità della persona. Senza arretrare di fronte alle sfide della complessità di alcune dinamiche affettive, che tendono a considerare famigliari anche legami occasionali. Rispettabili, ma altro rispetto alla famiglia.
In senso originario, la famiglia – dal termine osco/sannita faama (casa) – indica l’insieme di persone che abitano nella stessa casa. Chiamati, per questo, famuli: moglie, figli, servi e schiavi del pater familias. Subito però ci si è trovati a fare i conti, non ancora chiusi, col carattere polisemico o addirittura ambiguo della parola famiglia. Ne è testimonianza la difficoltà incontrata, ancora oggi, dalle scienze sociali a definire cosa sia una famiglia.
Come ogni configurazione sociale, anche la famiglia si è misurata con la nuova coscienza che di sé è andato acquisendo nel tempo il soggetto. In particolare, l’accentuata consapevolezza della libertà personale – talvolta degenerata in individualismo – ha contribuito a consegnarci una nuova immagine dei legami affettivi e delle istituzioni di appartenenza che ne assicurano la stabilità, come la famiglia. Intesa come luogo simbolico nel quale, accanto alle tante contraddizioni, si consumano riti di straordinaria bellezza e di feconda generatività: l’unione sessuale e l’alleanza tra uomo e donna, la cura reciproca, la generazione (il primo “figlio” generato dalla coppia è la coppia stessa) e l’accompagnamento dei figli, la realizzazione di progetti condivisi. Certo, la ricchezza e il valore di un simbolo, come quello familiare, non si impongono. Il simbolo è delicato, va interpretato e custodito, sapendo che può andare in frantumi a ogni urto.
Nel nostro contesto socio-culturale, che in tanti chiamano “postfamigliare”, la famiglia è chiamata ad accogliere al suo interno esperienze non sempre convergenti: precarietà e stabilità, libertà individuali e vincoli giuridici. Per tutto questo, alla famiglia non si può solo chiedere o liquidarla con la fretta che impone il consumismo. È segno di realismo e di grande maturità accostarsi alle sue fragilità con la delicatezza richiesta da papa Francesco nella Amoris laetitia, attraverso l’accompagnamento, il discernimento e l’integrazione delle fragilità.

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