Inaugurata a borgo ‘Tre Titoli’, nel Foggiano, la struttura di accoglienza voluta dalla diocesi. Monsignor Galantino: «Cristiani e Chiesa non hanno motivo di esistere se non si occupano degli ultimi»
C’è una nuova casa a borgo ‘Tre Titoli’, uno dei ghetti degli immigrati del Foggiano. Una grande casa bianca in mezzo alla campagna, tra casolari diroccati e baracche. È Casa Bakhita, «casa del dialogo, un agorà, espressione di una Chiesa che è ‘ospedale da campo’, per curare ferite che vengono da molto lontano, luogo per integrare», come la definisce il vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano, monsignor Luigi Renna. Ieri l’inaugurazione della struttura voluta e realizzata dalla diocesi, finanziata con fondi dell’8xmille e della Chiesa locale.
A tagliare il nastro monsignor Nunzio Galantino, presidente dell’Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica, a lungo parroco a Cerignola. Nella grande casa ci sono una sala di culto, un ambulatorio, un centro d’ascolto legale, uno per le pratiche di lavoro, una sala per i colloqui protetti per le vittime di tratta, una mensa, le docce. Davanti un grande spazio coperto, dietro gli orti sociali. Ci opereranno i volontari del progetto ‘Presidio’ della Caritas, di Migrantes, Oasi 2 per la tratta, Intersos, Casa della Carità, Croce Rossa. Oltre ai medici volontari guidati dal dottore Antonio Paleari che della casa è anche il direttore. Una “squadra” che da anni opera in questo territorio. Tutti oggi sono presenti. E anche tanti immigrati che entrano cantando nella loro lingua ‘Dio sei la luce, Dio sei il nostro cammino’. Alessandro parla a nome loro. … (leggi tutto l’articolo)
di Antonio Maria Mira, inviato a Cerignola (FG), Avvenire – 1 maggio 2019