Rubrica de “Il Sole 24ore” Abitare le parole / Sincerità – Basterebbe raccogliere i riferimenti etimologici da cui, nel tempo, si è fatta derivare la parola “sincerità” per apprezzare la ricchezza di chi possiede questa qualità.
Tra le tante derivazioni scelgo la più antica etimologia, attribuita a Elio Donato. Questi fa derivare “sincerità” e l’attributo “sincero” da sine (senza) – cera (cera). Ecco come il grammatico latino definisce, in una nota a Terenzio, l’uomo sincero: “… simplex ut mel sine cera (semplice come il miele senza cera), alludendo al miele puro e chiaro, ottenuto dalla cera d’api, senza scorie. In maniera analoga si parla di “vino sincero”, cioè di vino senza alterazioni.
Gli etimologi moderni preferiscono far derivare sincerità/sincero da sin, forma contratta di simul (insieme) o di simplex (semplice), e dal termine arcaico cerus (formato, creato). Per cui sarebbe “sincero” ciò che è interamente puro o semplice per natura. E sincera è la persona libera da retropensieri o dietrologie, che parla e agisce senza finzione. Alla luce di tutto ciò, nei Diari, L. Toltoj rivolge questo invito: “Per dire in modo comprensibile quel che hai da dire, parla sinceramente”.
La sincerità non ci è data alla nascita come un cromosoma. Bisogna educarsi alla sincerità e farsela appartenere. Una strada? “… lasciarci accompagnare e curare, riuscendo ad esprimere con piena sincerità la nostra vita davanti a chi ci accompagna, ci insegna ad essere pazienti e comprensivi con gli altri e ci mette in grado di trovare i modi per risvegliarne in loro la fiducia, l’apertura e la disposizione a crescere” (Francesco, Evangelii gaudium, 172).
Amici di strada della sincerità sono il rispetto e il coraggio. Non c’è sincerità senza rispetto di sé, prima di tutto, e degli altri. È questo rispetto che permette alla persona sincera di osare la verità con coraggio; che non vuol dire arroganza e disprezzo per gli altri, fossero anche nell’errore. Il rispetto della fragilità dell’altro può portare – rimanendo una persona sincera – a nascondere tutta o in parte la verità. La sincerità infatti, oltre che rispetto e coraggio, è anche equilibrio, che non vuol dire equilibrismo o calcolo di piccolo cabotaggio e quindi interesse. Vuol dire piuttosto saper usare parole adatte e toni misurati, saper scegliere il momento giusto.
Quanto insensata e dannosa è la confusione tra la sincerità e la presunzione di poter e dover esibire l’unica verità possibile di cui ci si sente portatori. Chi non ha mai sentito dire (o detto): “Sono una persona sincera. Tutto quello che ho dentro (alludendo allo stomaco) ce l’ho sulla bocca!”. Dimenticando che dentro di noi c’è di tutto. Anche il male. Tanto male. Dentro di noi, accanto a sentimenti di grande nobiltà, possono albergare rancori e desiderio di rivalsa, invidia e desiderio di vendetta. La sincerità non è dire tutto quello che si pensa bensì pensare tutto quello che si dice. Un pensiero che deve maturare nella consapevolezza che “Le parole hanno il potere di distruggere e di creare. Quando le parole sono sincere e gentili, possono cambiare il mondo” (Buddha).