Ap 7,2-4.9-14; 1Gv 3,1-3; Mt 5,1-12
Nelle domeniche passate abbiamo più volte sentito parlare di “sequela” e di condizioni per la sequela di Gesù. Lui stesso ce le ha indicate, queste condizioni, attraverso l’evangelista Marco con un crescendo che, domenica dopo domenica ci ha portati fino alla guarigione del cieco Bartimeo.
Questi – ci ha detto il Papa domenica scorsa in chiusura del Sinodo – da mendicante ai bordi della strada a Gerico, diventa discepolo che va insieme agli altri verso Gerusalemme. E, commentando il brano di Marco, papa Francesco ci ha ricordato che la vita del discepolo di Gesù è segnato da tre impegni/condizioni: l’ascoltare, il farsi prossimi ed il testimoniare.
Quelle condizioni poste da Gesù per seguirlo oggi noi le contempliamo realizzate in tanti uomini e donne.
Per loro e per averli messi sulla nostra strada, oggi veniamo chiamati a lodare e ringraziare il Signore. Ma veniamo chiamati anche a metterci in cammino con loro, a sentirli nostri compagni di viaggio.
Santi sono coloro che si sono fidati di Dio, prendendo sul serio le Beatitudini, partecipando concretamente all’attesa ed alla realizzazione del Regno.
Santi sono uomini e donne che si sono sporcati le mani e spesso la reputazione per fare più spazio dentro di sé ed attorno a sé a valori normalmente in ribasso: sobrietà/povertà, lealtà come alternativa all’imbroglio, il compimento del proprio dovere in alternativa al disimpegno, la solidarietà concreta in alternativa al tornaconto e all’egoismo.
Oggi insomma viene messo dinanzi a noi l’invito alla santità feriale, alla santità del quotidiano, quella santità che costa più fatica di quella che poggia su un atto eroico.
In questa festa, la liturgia della Parola, e in particolare la prima lettura, fanno passare davanti a noi – invitandoci a contemplarla – «una moltitudine immensa…avvolti in vesti candide e portavano palme nelle mani».
Il messaggio che ci viene dalle letture e dalla liturgia di oggi può essere riassunto in uno slogan molto prevedibile: «l’abito non fa il santo».
Quasi a dirci che per entrare a far parte degli “amici di Dio” – questo sono i santi – vi sono tante strade, come tante sono le storie degli uomini per i quali oggi noi lodiamo il Signore.
È sempre la prima lettura a ricordarci che i santi «sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello».
È questa la santità che oggi ci viene posta innanzi! È questa la santità alla quale la Chiesa ci chiama: “Il santo indossa abiti vili, ma nasconde le gemme nel suo petto” (Lao-Tzn – VI-V sec. a.c.).
Una santità quindi che veste i panni della quotidianità; panni/vestiti da persone semplici e modeste, che portano nel loro cuore un fuoco e un entusiasmo che non sono a intermittenza e non si attivano solo dietro la spinta della gratificazione o di piccoli/grandi interessi.
Il fuoco e l’entusiasmo che portano nel cuore i Santi li fa essere uomini e donne delle beatitudini/delle dissonanze/delle scelte imprevedibili!
Immaginate: «Beati i poveri…i puri…gli operatori di pace…gli afflitti…i perseguitati». Sembra un esercito di sconfitti!… almeno secondo la mentalità corrente.
Ma per chi è fortemente legato a Cristo Gesù, la povertà diventa ricchezza; le lacrime possono diventare gioia; la purezza del cuore diventa trasparenza di Dio; la mitezza conquista più della violenza; la misericordia penetra e convince più che la severità; la pace ha la meglio sulla guerra; l’amore scavalca l’odio e lo distrugge.
Il segreto perché la strana litania delle beatitudini diventi realtà nella storia concreta di ognuno di noi è il legame forte con Cristo e con la sua Parola, come ci ricorda l’apostolo Giovanni nella seconda lettura.