Rubrica de “Il Sole 24ore” Abitare le parole / Conferma – Dal verbo latino confirmare, composto dal prefisso con e da firmus (saldo), la conferma è l’atto del rafforzare, fortificare. Può riguardare un pensiero, una convinzione, una decisione o una relazione.
Gli ambiti di applicazione della conferma sono numerosi. Due esempi: un evento che, nel comportamento personale, segue coerentemente a delle parole, dà forza e “conferma” sia la veridicità delle parole sia quella dell’evento stesso. Ma la conferma può riguardare anche una verità detta da altri, com’è nel caso di una sentenza. Qui la conferma assume il senso del riconoscimento e dell’accettazione di quanto stabilito da altri. In tutti i casi e comunque nell’atto della conferma è in gioco una verità. L’atto del confermare consolida una verità che esiste ma che ha bisogno di essere ulteriormente rafforzata per essere accolta. È significativo il senso che, in alcune confessioni cristiane, viene riconosciuto al sacramento della Confermazione (Cresima). È un ribadire l’avvenuta adesione all’esperienza di fede. È un ribadirlo in maniera consapevole, pubblica e responsabile.
Sul piano personale – salvo le forme patologiche che esso può raggiungere – il bisogno di conferma non è da leggersi subito in maniera negativa. È normale infatti che le nostre azioni, i nostri sguardi, i nostri comportamenti e i nostri pensieri esigano conferma da parte di chi condivide con noi l’avventura della vita: sul piano emotivo-sentimentale, nel contesto familiare, nell’ambito lavorativo e in quello della crescita interiore. La conferme rassicurano, mentre, l’indeterminatezza e l’incertezza destabilizzano. Anche «leggendo non cerchiamo idee nuove, ma pensieri già da noi pensati, che acquistano sulla pagina un suggello di conferma. Ci colpiscono degli altri le parole che risuonano in una zona già nostra – che già viviamo – e facendola vibrare ci permettono di cogliere nuovi spunti dentro di noi» (C. Pavese).
Non avvertire mai il bisogno di conferma è segno di una eccessiva considerazione di sé e di una scarsa considerazione degli altri. Noi non cresciamo da soli e non diventiamo migliori senza gli altri. «L’Homo Sapiens preferisce ancor oggi, statisticamente parlando, il pensiero che rassicura, aspira alla conferma di ciò che già crede, e vuole assaporare il dubbio solo come innocuo e piacevole diversivo» (P. F. d’Arcais). Un dubbio che si farebbe bene invece a coltivare soprattutto nell’era delle fake news, delle bugie, delle invenzioni. Per quanto utili, non penso siano sufficienti dispositivi di legge e lodevoli progetti per smascherare le notizie false e, soprattutto per identificare le fonti false e ingannevoli. È necessario investire anche personalmente energie intellettuali ed emotive per imparare a riconoscere l’autorevolezza e la qualità delle fonti: quotidiani, siti web, statistiche sbandierate, libri di testo, promesse elettorali, cinica delegittimazione dell’avversario, eccetera. Ricordando che, oggi soprattutto e come afferma M. Rubin, «La verità non è la regola, ma l’eccezione alla regola».