Rubrica de “Il Sole 24ore” Abitare le parole / Grazia –
Il linguaggio comune conosce l’espressione «trovarsi in stato di grazia» per indicare una condizione di equilibrio, di pacificazione interiore e di relazione bella e costruttiva con l’ambiente circostante: persone e/o cose. Il motivo sta nel significato della parola grazia. Alla parola grazia infatti (Chen in ebraico, cháris in greco, gratia in latino) vanno ricondotti sentimenti e atteggiamenti di benevolenza, gratitudine, riconoscenza, indulgenza.
Il vocabolario presenta la grazia come la «qualità naturale di tutto ciò che, per una sua intima bellezza, delicatezza, spontaneità, finezza, leggiadria, o per l’armonica fusione di tutte queste doti, impressiona gradevolmente i sensi e lo spirito». Forse perché la grazia ha nella sua radice il significato di bellezza. Grazioso infatti è ciò che è bello, ma anche tutto ciò che, di una persona, esprime eleganza, tatto e leggerezza dei modi, fino a manifestarne il carattere e a connotarne i sentimenti. Nel diritto penale, la grazia è un provvedimento di clemenza individuale, di cui beneficia un detenuto. A differenza dell’amnistia e dell’indulto, che si applicano a una determinata categoria rispettivamente di reati e di condannati, la grazia si riferisce a un singolo soggetto che si trovi in condizioni eccezionali. La grazia, se concessa, cancella il debito del condannato nei confronti della società e non presuppone un risarcimento dei danni subiti dalla parte lesa. È quindi un beneficio, un gesto di riconoscimento di una sorta di ravvedimento da parte del condannato, elargito con generosità e senza nulla in cambio.
La gratuità della grazia richiama al suo significato teologico, dove la grazia «è la quantità di luce che abbiamo nell’anima» (papa Francesco). Una luce che non ci diamo da soli e che, proprio per questo, non sopporta che ci si comporti come «controllori della grazia piuttosto che come facilitatori».
Nell’attuale struttura sociale diventa sempre più difficile vedere la grazia in atto. La logica del do ut des è logica prevalente. Siamo sempre più spesso alla ricerca di una proporzione fra il dare e l’avere. E, quando si riceve gratuitamente o più del previsto, fa capolino quasi spontaneamente il sospetto. Fedeli al virgiliano Timeo Danaos et dona ferentes (Eneide, Libro II, 49).
La grazia è, per sua natura, sproporzione, dono inatteso ed è estranea ai rigidi parametri del dare e avere. Esprime la «bellezza della gratuità di Dio» (A. Casati) e dovrebbe esprimere la bellezza contagiosa della gratuità fra gli uomini. È un dono che – proprio perché non va meritato ma semplicemente accolto – impegna. La gratuità della grazia non autorizza il disimpegno, avverte infatti Dietrich Bonhoeffer: «Grazia a caro prezzo è il tesoro nascosto nel campo, per amore del quale l’uomo va a vendere con gioia tutto ciò che aveva; la pietra preziosa, per il cui valore il mercante dà tutti i suoi beni; la signoria regale di Cristo, per amore del quale l’uomo strappa da sé l’occhio che lo scandalizza».