“La vita cristiana è camminare, ma essendo attenti, instancabili e coraggiosi. Così cammina un cristiano”. Così si esprimeva la scorsa settimana, in occasione della festa dell’Epifania, Papa Francesco, partendo dal racconto dei Magi con cui il Vangelo “descrive il loro viaggio dall’Oriente come un viaggio dell’anima, come un cammino verso l’incontro con Cristo. Essi sono attenti ai segni che ne indicano la presenza; sono instancabili nell’affrontare le difficoltà della ricerca; sono coraggiosi nel trarre le conseguenze di vita derivanti dall’incontro con il Signore”.
In queste poche parole c’è una ricca sintesi con cui accostare le letture di questa domenica, a partire dalla domanda che Gesù rivolge ai due discepoli del Battista: “Che cosa cercate?” (Gv 1, 38). Sono le prime parole che l’evangelista Giovanni pone sulle labbra del Gesù storico; sono le stesse che il mattino di Pasqua rivolgerà a Maria Maddalena: “Donna, chi cerchi?” (Gv 21, 15). Nell’intimo di noi stessi siamo alla ricerca di luce, di significato, di una pienezza che non può venirci dalle cose, dal denaro o dal possesso: è solo un Altro che può soddisfare questa domanda di vita.
Dove incontrarlo?
È significativo che, nell’introdurre la vocazione di Samuele, la prima lettura fa capire che Dio non ha una voce facilmente riconoscibile: il ragazzo la confonde con quella del sacerdote Eli. Sarà quest’ultimo ad aiutare Samuele a porsi in ascolto e, quindi, a lasciarsi trasformare da quella Parola. La stessa cosa farà nel Vangelo il Battista con il suo orientare Giovanni e Andrea a Gesù, che li coinvolge in un cammino di condivisione: “Venite e vedrete” (Gv 1,39). E i due non potranno più dimenticare la forza di quell’incontro, al punto che Giovanni ne annota persino l’ora: “Erano circa le quattro del pomeriggio” (Gv 1,39).
Il Signore entra nella storia delle persone, si inserisce nel tempo del loro orologio, provoca un incontro personale senza il quale non esiste vita credente. Puoi infatti passare la vita sui libri, ma se manchi l’appuntamento con le quattro del pomeriggio, hai perso tempo; puoi studiare per anni in Seminario e anche essere ordinato prete, ma solo quando dimori in Lui diventi veramente tale. Altrimenti, si resta dei burocrati, dei faccendieri del sacro, ripiegati su di sé e perciò incapaci di educare altri alla fede.
Il cammino incontro al Signore ha bisogno anche oggi di testimoni che – senza la pretesa di sostituirsi al Protagonista – aiutano a uscir fuori dall’utero protettivo della passività, dell’abitudine, di una religiosità scontata; educatori che portano a interrogarsi e a interrogare, fino a maturare la decisione personale di consegnarsi a Lui, avvertendo che con questo non hanno più ragione per dubitare della risposta. Il loro cuore è finalmente a casa.